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Nel lungo menù delle misure da confermare per il prossimo anno, per adesso solo una appare blindata dal governo: il taglio dell’Irpef. Le tre aliquote decise lo scorso anno con il primo decreto attuativo della riforma fiscale, saranno confermate. I soldi sono già nei tendenziali del bilancio pubblico, mancano all’appello solo poco più di 600 milioni. Una cifra tutto sommato piccola, rispetto ai 4 miliardi totali che vale la riduzione delle aliquote. Per tutte le altre misure, dal taglio del cuneo, alla riduzione del canone Rai, fino al bonus mamme, il governo dovrà trovare ben 18 miliardi. Compito difficile senza la leva del deficit, e che spetta al ministro Giancarlo Giorgetti che ieri, durante l’approvazione del Def, è tornato a puntare il dito contro i costi del Superbonus: «un mostro abnorme» per i conti pubblici. E a chi gli ha chiesto se fosse “stanco” dopo la decisione delle forze politiche italiane di astenersi sul voto in Europa sulle nuove regole di bilancio comunitarie, ha risposto che in realtà si sente «una bestia. Ho fatto – ha scherzato il ministro – 74 vasche». Il ministro insomma, non si scompone sul fronte del Patto europeo. «È un compromesso», dice. Giorgetti guarda avanti e intanto incassa il sì della Camera (197 voti favorevoli) e del Senato (96 sì) al Def, il documento di economia e finanza. Semmai a togliere il sonno al ministro, continua ad essere il Superbonus. L’agenzia di rating Fitch, che il prossimo mese dovrà dare il suo giudizio sul debito dell’Italia, sembra dargli ragione. Nei suoi conti l’agenzia è più pessimista dello stesso Def.

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IL PERCORSO

«Prevediamo», hanno scritto gli analisti in un report, «un andamento del debito leggermente più ripido, con un rapporto debito-Pil che raggiungerà il 142,3% nel 2027». Su questo il governo è pronto a correre ai ripari e, nei prossimi giorni, potrebbe essere presentato un emendamento per “spalmare” i bonus edilizi su 10 anni invece che su quattro. In questo modo l’impatto sul debito si alleggerirebbe. Un modo per provare a tranquillizzare anche le agenzie. Comunque sia, Giorgetti ha, per l’ennesima volta, detto «basta» a una crescita basata «sull’Lsd» dei bonus. E dunque la vera domanda che resta “appesa” è: in questo quadro dei conti pubblici, quali misure il governo sarà in grado di adottare? La risoluzione al Def approvata alla Camera, chiede al Tesoro e a Palazzo Chigi di presentare il «prima possibile» il quadro programmatico in modo da alzare il velo sulle intenzioni del governo. Ma, leggendo in controluce tutti i documenti presentati fino ad oggi in Parlamento, sono molti gli indizi che stanno emergendo in vista della manovra. Per adesso l’unica misura certa è la conferma dell’Irpef a tre aliquote. Ovvero la riduzione delle tasse per un numero cospicuo di contribuenti. 
L’Upb, l’Ufficio parlamentare di Bilancio, ha fatto un conto delle risorse che servirebbero al governo per confermare tutte le misure in scadenza alla fine dell’anno, a partire dal taglio del cuneo contributivo sulle buste paga che vale da solo un aumento medio di 100 euro al mese. Solo per questa misura occorrerebbero 10 miliardi dei 18 necessari a rifinanziare tutto il pacchetto. Un carnet di misure che va dalle missioni internazionali (circa 1 miliardo), alla riduzione a 70 euro del canone Rai (430 milioni), fino al bonus mamme con il taglio dei contributi per chi ha due figli (368 milioni di euro). Ma in questo pacchetto il taglio a tre aliquote peserebbe “solo” per 615 milioni.

Gli altri 3,4 miliardi di fatto sono già stati trovati. Sono, spiega l’Upb, nel Fondo per l’attuazione della delega fiscale, il fondo taglia-tasse creato dal vice ministro dell’Economia Maurizio Leo per finanziare la riforma fiscale e alimentato dai proventi della riforma stessa. Ma il fondo non sarà usato solo per l’Irpef. Il decreto con il quale il governo ha riformato la riscossione delle cartelle esattoriali, introducendo rateizzazioni da 84 a 120 rate mensili, è stato appena trasmesso al Parlamento. Secondo la relazione tecnica avrà un costo da qui al 2036, di 2,2 miliardi di euro, quasi tutti coperti con il fondo per l’attuazione della delega fiscale. Quel fondo, insomma, dovrebbe praticamente essere già tutto impegnato. Ed è probabilmente una delle ragioni per cui il bonus sulle tredicesime da 100 euro, annunciato e poi ritirato, era stato coperto con i proventi futuri della riforma fiscale, quelli del concordato biennale preventivo per le Partite Iva la cui adesione è prevista per il 15 ottobre.

LE SPESE

L’idea di coprire una spesa “certa” con un’entrata “incerta” è stata bloccata dalla Ragioneria.Che fine farà a questo punto il bonus tredicesime? «Chi vivrà, vedrà», ha risposto il vice ministro Leo ieri a chi glielo domandava. Ma è certo che Palazzo Chigi vorrebbe portare a casa la misura in vista del primo maggio, festa dei lavoratori. Tesoro permettendo.

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