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ROMA – L’Italia ha già incassato 102,5 miliardi di fondi Pnrr, oltre la metà del totale. Se arrivasse anche la quinta rata, saremmo a 113 miliardi su 194,4. Ma ne ha spesi solo 45,6 di miliardi, il 22% appena. Percentuale che si abbassa al 10%, se escludiamo i crediti di imposta. Per la tabella di marcia, quest’anno l’Italia dovrebbe raddoppiare la spesa, altri 45 miliardi. E conseguire 113 obiettivi. Ma nessuno sa come sta andando.

Le imprese insoddisfatte

L’Osservatorio Pnrr di “The European House Ambrosetti”, presentato ieri a Cernobbio, lo dice chiaro: «La comunicazione relativa al Pnrr è carente, sotto ogni punto di vista». Solo metà delle 450 grandi imprese italiane del Teha Club, sondate nell’Osservatorio, ha dichiarato di aver partecipato alle gare. E il 77% di quelle che l’hanno fatto lamenta la difficoltà a capire i bandi, troppo complessi: «Rispetto al pre-Pnrr non è cambiato nulla».

La burocrazia, le procedure farraginose, i tempi lunghi: quattro anni in media in Italia per un’opera pubblica con 20 mesi persi in “tempi di attraversamento”, prima di entrare nella fase esecutiva. Eppure per le imprese che si sono messe in gioco, il Pnrr rappresenta di sicuro un’occasione. Il 92% non ha riciclato vecchi progetti, ma utilizzerà i fondi del Piano «come volano per nuovi investimenti o ammodernamenti».

Tante criticità

Tante le criticità, evidenziate nello studio. I bandi, a tre anni dal via, dovevano essere tutti fatti e finiti. Invece il 19% non è ancora aggiudicato. E un altro 30% neanche partito. In dodici mesi, l’anno scorso, i progetti avviati sono saliti di un terzo: da 118 mila a 229 mila. Ma quelli chiusi sono passati da 2 mila a 7 mila. E cioè: dall’1,2 al 3%.

La situazione in Europa

In Europa l’Italia non è messa male, solo perché altri sono messi peggio. Siamo gli unici, assieme al Portogallo, ad avere incassato la quarta rata. E secondi dopo la Francia per percentuale di importi erogati. I francesi sono in testa però perché hanno suddiviso l’importo totale in cinque rate. Noi e il Portogallo in dieci.

La Spagna ha di recente chiesto quasi 100 miliardi in più (da 69 a 163), ma è molto indietro. Dodici Paesi sono ancora alla prima rata. In tre (Polonia, Ungheria, Belgio) non hanno comunicato alcuno stato di avanzamento per ricevere altre rate dopo aver incassato il prefinanziamento.

In totale, al primo febbraio scorso, la Commissione Ue ha ricevuto richieste di pagamento da 24 Stati ed erogato quasi 225 miliardi (31% del totale). Quasi quanto sono costati sin qui all’Italia i bonus edilizi, Superbonus compreso.

Il costo dei bonus edilizi

Per il sottosegretario all’Economia Federico Freni siamo «oltre i 210 miliardi». Ma questo non preoccupa più di tanto il governo che martedì approverà il Def, confermando per lo più le stime di settembre: «Crescita vicina all’1%, deficit molto più basso del 2023 e debito poco sotto il 140%», dice ancora Freni. «Raramente il Mef ha sbagliato i conti negli ultimi anni», aggiunge con un pizzico di malizia, visto il vento non propizio che soffia nelle stanze della Ragioneria.

Una crescita all’1% – rispetto all’1,2% preventivato – è comunque molto forte. Diversi previsori non azzardano scenari oltre lo 0,6-0,8%, compresa Bankitalia. Dipenderà molto, se non tutto, proprio da quel Pnrr che avanza piano. E che dovrà tirare la volata a un Pil per ora asfittico.

 

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