A Napoli la giornata internazionale per le vittime della strada è stata celebrata, ieri, con una manifestazione che ha riunito le loro famiglie, le associazioni e i cittadini al grido dello slogan che ha dato titolo all’iniziativa: «Non chiamateli incidenti, basta morti in strada». Il doppio corteo organizzato dal comitato “Napoli Città 30” a cui aderiscono oltre 20 realtà associative, ha puntato il dito sulle responsabilità istituzionali collegate ai drammatici dati del capoluogo partenopeo dove, dall’inizio del 2024, sono morte 23 persone coinvolte in incidenti mortali, tra cui 11 investimenti di pedoni e due di ciclisti, oltre ai due gravi episodi in provincia avvenuti ieri con la morte di un centauro e un automobilista.
Le tappe
Le richieste delle associazioni sono state chiare e puntuali, come spiega Luca Simeone, direttore del Napoli Bike Festival descrivendo la necessità «dei limiti di 30km orari in molte aree del perimetro urbano, dell’implementazione di dossi e attraversamenti rialzati e dell’installazione di autovelox». Il corteo in bicicletta è partito alle 9.30 ripercorrendo alcuni dei luoghi in cui si sono verificati incidenti mortali e gravi ferimenti. La prima sosta nel punto di via Foria dove perse la vita Lisa Herbich, investita da un camion dell’Asia mentre era a bordo di una bicicletta, la notte tra il 21 e il 22 aprile.
La seconda tappa, è stata corso Garibaldi dove lo studente 21enne Ivan De Mattia, il 23 gennaio scorso, ha rischiato di morire dopo essere stato travolto da un auto. Successivamente, la pedalata si è fermata in via Alessandro Volta con i familiari di Valeria Vertaglio, la 42enne investita mortalmente il primo ottobre dopo aver accompagnato i figlioletti a scuola e in piazza Carlo III con Daniela Pennino madre di Maya 15enne travolta da una Smart, nel 2020. L’ultima tappa a Corso Umberto, dove in due punti diversi, ma sulle strisce pedonali e in pieno giorno, persero la vita l’84enne Giovanni Grillo, nell’ottobre del 2023 e il 72enne Francesco Esposito, a gennaio. Infine, i manifestanti hanno incontrato Mario Cacciola, fratello di Salvatore ciclista d’esperienza morto a 86 anni, travolto in bici in via Argine.
Il corteo
Dopo la pedalata, al sit-in con microfono alla mano in piazza del Plebiscito hanno parlato i familiari delle vittime. Gianfranco Morra, padre di Lucia morta sul colpo insieme a Francesco Altamura, sbalzati dallo scooter da un’auto spedita a Fuorigrotta, nel settembre del 2023, ha chiesto «pene certe e tolleranza zero per chi usa l’auto come un’arma». Lo stesso concetto è stato ribadito da Maria Buccino, Salvatore e Antonella rispettivamente madre e zii di Sara Romano, la 21enne investita mortalmente da un’auto a Cavalleggeri, a maggio. «Le famiglie hanno bisogno di giustizia e di non far diventare solo dei numeri tutte le vittime» hanno ribadito Maria Ceccucci e Luigi Granata insieme a Luca, rispettivamente genitori e fratello di Rita Granata investita mortalmente lo stesso giorno di Sara Romano, a Fuorigrotta. La sofferenza e le richieste dei familiari delle vittime sono state messe nero su bianco in una lettera destinata al presidente della Repubblica e consegnata al deputato Francesco Emilio Borrelli, presente al sit-in dove ha denunciato «sistemi di sicurezza tardivi e insufficienti», assicurando la sua presenza al fianco delle famiglie delle vittime.
Le azioni
Nel mirino delle associazioni c’è stato anche il nuovo codice della strada, per molti versi criticato come hanno spiegato nei loro interventi Antonio Tempesta dell’Asd Napoli Pedala, Teresa Dandolo del Fiab Cicloverdi, Giorgio Peperna di Greenpeace Napoli, Paolo Casale, dei Percorsi cumani, e Thomas Strauss, consigliere II Municipalità.
Ma la vera rivoluzione è la «battaglia legale delle associazioni» come ha spiegato l’avvocato Massimiliano Formisano che le sostiene, affinché «si costituiscono parte civile in tutti i procedimenti penali, individuando eventuali responsabilità istituzionali con querele ed esposti». La manifestazione si è conclusa con un corteo fino a palazzo San Giacomo, dove alcuni ciclisti hanno inscenato un flash mob statico che riproduceva la scena di un incidente. I ciclisti si sono stesi a terra immobili mentre col gesso segnavano le loro sagome al grido: «Non chiamateli incidenti».
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