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Da This War of Mine a The Alters, un viaggio tra gli esperimenti di 11 Bit Studios


È innegabile: opere come This War of Mine (11 Bit Studios, 2014) hanno il potere di far comprendere al mondo intero l’incredibile potenza del lessico videoludico.

The Alters

Nonostante 11 Bit Studios sia in attività dal 2011 con la pubblicazione di Anomaly: Warzone Earth, il team polacco ha ottenuto un successo internazionale nel 2014 grazie al celeberrimo This War of Mine. Stiamo parlando di un’opera in grado di superare il limite dettato dal lessico videoludico e che, per le tematiche presenti e per la maturità con la quale vengono trattate, ha raggiunto le scuole superiori della Polonia, entrando a far parte dei contenuti didattici offerti dagli insegnanti agli studenti.

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In occasione di Game Ground, evento gratuito che si è tenuto nella città di Bolzano e con un programma di appuntamenti diretto da Mario Petillo, abbiamo avuto modo di intervistare Pawel Miechowski, PR Manager di 11 Bit Studios. Con lui abbiamo chiacchierato del motivo per cui 11 Bit Studios continua a sviluppare videogiochi e di come il team ha evoluto il proprio modo di raccontare, arrivando a mettere in lavorazione un titolo particolare come quel The Alters previsto per il 2025.

Non una storia sulla guerra, ma sugli esseri umani

This War of Mine è ispirato a eventi realmente accaduti durante l’Assedio di Sarajevo avvenuto tra il 1992 e il 1996. Come vi siete documentati e quanto era importante restare fedeli agli eventi reali?

Ci tengo a specificare come l’Assedio di Sarajevo sia solamente una delle fonti che abbiamo utilizzato per dare vita a This War of Mine. Anche se è stato indubbiamente uno degli avvenimenti storici più importanti per la nascita del progetto, il nostro scopo non era ricalcarne gli eventi, ma rendere This War of Mine un’opera universale. Non ci interessava schierarci politicamente o prendere le parti di una o dell’altra fazione. Chiunque viva sulla propria pelle una guerra è una vittima. Non importa da che parte stia. È una vittima perché, nonostante i tentativi, non può permettersi di vivere la vita in modo dignitoso, e per questo abbiamo voluto evitare in ogni modo il coinvolgimento della politica, prendendo ispirazione da fatti reali solo per raccontare le persone.

In fondo, This War of Mine utilizza la guerra come catalizzatore. Un catalizzatore per far emergere il peggio e il meglio delle persone. In queste situazioni è possibile che degli sconosciuti diventino i vostri migliori amici e che le persone che ritenevate vicine decidano che la loro vita vale più della vostra. Per non parlare della percezione della guerra. Faccio un esempio: se una bambina dovesse rimanere bloccata in un seminterrato per evitare che le accada qualcosa di male, l’emozione che si farebbe spazio nel suo cuore potrebbe, alla lunga, essere la noia. Associare la guerra alla noia non è scontato, ma è possibile, perché le persone reagiscono in modo diverso in base alla situazione e alla propria personalità. Noi eravamo alla ricerca di storie di questo tipo, da tradurre poi in un videogioco. Non volevamo tentare di creare una simulazione di guerra. Volevamo fare un esperimento per permettere al giocatore di vivere in prima persona determinate situazioni e sfide.

In This War of Mine narrativa, gameplay e stile artistico si fondono per creare un'esperienza di gioco unica
In This War of Mine narrativa, gameplay e stile artistico si fondono per creare un’esperienza di gioco unica

Questo “esperimento” è entrato a far parte del materiale didattico delle scuole polacche. Cosa si prova a veder elevato un proprio videogioco a opera culturale per un intero Paese? Pensi che i videogiochi dovrebbero lavorare in questa direzione, oppure che l’obiettivo principale sia esclusivamente quello di divertire?

Per varie questioni burocratiche alla fine c’è voluto qualche anno in più, ma sì: alla fine This War of Mine può essere considerato materiale didattico per le scuole. Come mi fa sentire tutto questo? Beh, “orgoglioso”, senza dubbio. Il nostro obiettivo era proprio quello di aggiungere qualcosa al concetto di intrattenimento e, per rispondere a un’altra delle tue domande: sì, penso che i videogiochi possano essere di più rispetto al solo divertimento. Dopotutto è una questione già affrontata anche dal linguaggio del cinema, giusto? Ci sono le commedie, che ti fanno divertire. Ci sono gli horror, che ti fanno spaventare. Ma ci sono anche altre opere che ti fanno riflettere. Lo stesso si può dire per le tragedie teatrali, alle quali gli spettatori si avvicinano per provare una sorta di catarsi. Ecco, noi vogliamo fare la stessa cosa con i videogiochi. I videogiochi possono divertire, ma possono anche mettere in campo questioni complesse, spingerti a farti pensare o a riflettere sul significato dell’essere umano.

Un po’ come la letteratura, la musica e tutte le altre forme d’arte.

Esatto! È proprio quello il punto. Per questo siamo felici che This War of Mine sia utilizzato nelle scuole come strumento per parlare di filosofia e di storia, anche se bisogna ricordare che i docenti non sono tenuti a utilizzarlo. Diciamo che gli insegnanti tendono a utilizzare il gioco come un rafforzativo per le proprie lezioni. Se c’è una storia o una materia che tratta tematiche simili a This War of Mine, ecco che il nostro gioco può essere un modo ulteriore per approfondire la questione. In ogni caso, non mi aspetto che tutti i docenti lo utilizzino. Soprattutto i docenti più in là con gli anni.

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Pawel Miechowski, PR Manager di 11 Bit Studios
Pawel Miechowski, PR Manager di 11 Bit Studios

Per quanto riguarda i videogiochi che inserirei in un contesto didattico, devo dire che ce ne sono davvero un sacco di potenzialmente interessanti. So che può sembrare divertente, ma credo che The Witcher sia un ottimo esempio di cultura trasmessa attraverso il lessico videoludico. Questo perché molti elementi della serie di CD Projekt Red pescano dalla mitologia slava e credo sia giusto preservarla in qualche modo. Il secondo gioco che mi viene in mente è Paper, Please, un titolo incredibile che mette in gioco diversi quesiti riguardanti la moralità delle persone. In questo gioco ci sono delle scelte che illudono l’utente di star prendendo la decisione giusta, ma che in realtà sono solo il primo passo di una serie di azioni e reazioni in grado di sovvertire il risultato della partita. Penso che si tratti di un altro ottimo esempio di un videogioco che vorrei vedere nelle scuole. Se dovessi, infine, proporre una terza opera, probabilmente sarebbe Attentat 1942, un gioco che fonda le basi sull’assassinio di Reinhard Heydrich e sul versamento di sangue che ne è conseguito. Il gioco ci pone di fronte a domande come: Heydrich era una cattiva persona, ma la sua eliminazione valeva la morte di tanti innocenti? Si tratta di un’opera realizzata dall’Università Carolina e dall’Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca, quindi con uno scopo didattico presente sin dalle fondamenta. Un’opera sconosciuta ai più, ma che merita di essere recuperata.

Le cronache del ghiaccio e dell’uomo

In Frostpunk, nonostante il giocatore debba combattere contro il gelo, è evidente che a spaventare davvero siano più i rapporti umani. Il vostro scopo era quello di mettere in difficoltà il giocatore, oppure di dare vita a una simulazione realistica della società?

Secondo Pawel Miechowski, Frostpunk e Frostpunk 2 sono l'ennesimo esperimento per studiare la psiche e le reazioni umane
Secondo Pawel Miechowski, Frostpunk e Frostpunk 2 sono l’ennesimo esperimento per studiare la psiche e le reazioni umane

Pensa che tutto è nato dall’idea di fare un city builder dall’estetica unica e particolare. Qualcosa in stile steampunk. Ci siamo resi conto subito, però, che non era abbastanza. Ecco che ci siamo quindi fatti una domanda: cosa accadrebbe se una società fosse spinta oltre i suoi limiti a causa degli agenti atmosferici che devastano il mondo? Questo quesito ha modificato la nostra percezione del gioco, spingendoci a dare vita a un’opera con lo scopo di mettere il giocatore in una posizione nella quale non vorrebbe trovarsi, costringendolo a prendere delle decisioni cruciali per la vita o la morte della propria gente. Immagina di essere il leader di un popolo che potrebbe morire nel caso facessi una scelta sbagliata. Non puoi sottrarti dal tuo ruolo, ma ti rendi conto della responsabilità nelle tue mani. Da questo punto di vista, Frostpunk è un videogioco non solo sul potere, ma anche sulla consapevolezza del potere.

Frostpunk 2 prende questo esatto concetto e lo spinge ancora più in là. Anche in questo caso possiamo parlare di un “esperimento filosofico”, reso possibile da una precisa situazione. In This War of Mine il carburante di questo esperimento era la guerra. In Frostpunk, invece, è il clima a fungere da contesto, ma ancora una volta il punto focale è un altro: la razza umana.

Avete creato Frostpunk e Frostpunk 2 per essere differenti, oppure il seguito è l’inevitabile evoluzione del primo capitolo?

Questa è una bella domanda! Non credo che Frostpunk 2 sia un’evoluzione “inevitabile”, quanto piuttosto un metodo per portare avanti quel concetto di esperimento di cui parlavamo poco fa. La prima parte dell’esperimento è servita per far capire al giocatore cosa fare per permettere alla società di sopravvivere. Ora gli viene chiesto di elaborare la parte successiva alla sopravvivenza. Ora gli viene chiesto come fare per garantire una vita degna al suo popolo. Nel primo Frostpunk il principale nemico da affrontare era il freddo, ma cosa accade una volta che l’umanità è in grado di gestire questa condizione meteorologica? Qual è il pericolo successivo? Semplice: l’umanità stessa.

Un futuro dal grande potenziale

The Alters è un’opera che sembra mescolare il genere dei survival game con una narrazione complessa e profonda. Quanto è importante per voi raccontare una storia attraverso il lessico dei videogiochi? Come si colloca The Alters all’interno della filosofia di 11 Bit Studios?

The Alters ci mette a confronto con le nostre scelte di vita e con tutti i possibili sviluppi che sarebbero potuti nascere da esse
The Alters ci mette a confronto con le nostre scelte di vita e con tutti i possibili sviluppi che sarebbero potuti nascere da esse

Ah, questa è un’altra bella domanda! Diciamo che quando sviluppiamo un nuovo gioco cerchiamo di introdurre sempre dei nuovi elementi, ma è evidente che The Alters sia anche un mix di meccaniche già viste altrove. C’è un po’ di costruzione delle basi, è un gioco d’esplorazione, ha elementi survival, c’è il crafting. Insomma: sono sicuro che ci siano altri giochi con queste caratteristiche. Quello che rende The Alters inedito, però, è l’utilizzo della narrativa in questa struttura ludica. Il protagonista può infatti creare altre versioni di sé stesso provenienti da altre diramazioni della sua vita. Queste varie versioni dovranno poi vivere sotto lo stesso tetto, finendo per confrontarsi e per capire cosa le abbia condotte a essere quella specifica persona. Come puoi vedere siamo di nuovo di fronte a un esperimento sugli esseri umani.

Potremmo riassumere tutto The Alters con una singola domanda: “E se…?”. E se avessi preso una decisione diversa un anno fa? E se avessi preso un’altra strada cinque anni fa, come si sarebbe evoluta la mia vita? Penso che molti si facciano domande di questo tipo ogni giorno. Il setting, ancora una volta, non è altro che una “scusa” per fare in modo che il giocatore si senta obbligato a rispondere a questo quesito. Il tutto mentre il gameplay lo spinge a compiere diverse azioni per rimanere in vita. Penso che il punto di forza di The Alters sia tutto qui, in questa combinazione di diversi fattori. O almeno lo spero. Altrimenti, nel caso il gioco risulti noioso, starà a te scriverlo in una recensione e farcelo sapere!

Sono passati ormai dieci anni da This War of Mine e non avete mai deciso di realizzare un seguito. Prima con Frostpunk e ora con The Alters, appare chiara la vostra voglia di sperimentare e di viaggiare verso territori inesplorati, senza adagiarsi sugli allori. Quali sono gli obiettivi di 11 Bit Studios nei prossimi anni?

Oh beh, credo che più o meno si possa capire la nostra filosofia da questa chiacchierata. Da un lato è creare dei progetti che abbiano un valore. Dall’altro, ovviamente, è quello di continuare a farlo con ciclicità in quanto è il nostro lavoro. In ogni caso abbiamo deciso di portare avanti solamente i progetti che riteniamo davvero validi sia da un punto di vista narrativo, che da quello ludico. Questo mi permette di collegarmi alla prima parte della tua ultima domanda. Non abbiamo mai realizzato un seguito di This War of Mine perché non abbiamo mai trovato una valida idea per svilupparlo. Cosa avremmo potuto fare? Dare più persone da gestire al giocatore? Ambientare la storia durante una guerra diversa? Non avrebbe avuto grande valore. Sarebbe stato quasi “grottesco”, credo. Ma non preoccupatevi: stiamo comunque lavorando a qualcosa di nuovo legato a This War of Mine, ma non è ancora giunto il momento di parlarne. Non ancora, almeno!





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