Affluenza molto bassa sui livelli dello choc del 2014 quando votò solo il 37% dei cittadini. Ma c’è ancora domani, cioè oggi, per andare a votare e alzare il livello
C’è ancora domani. Che poi è oggi, per andare a votare e cambiare le percentuali bassissime di affluenza registrate ieri in Emilia-Romagna. La partecipazione, bandiera e anima di questa terra, sembra smarrita.
Ieri alle 19 aveva votato solo il 31,03% degli aventi diritto, contro il 58,82% delle precedenti elezioni. Mentre alle 23 la percentuale si attestava al 35,76% (contro il 67,67%). È vero che nel 2020 si votava in un’unica giornata, mentre questa volta ci si può recare alle urne anche oggi, fino alle 15, ma i numeri farebbero presagire un crollo dell’affluenza.
Bologna con il 40,56% e Ravenna con il 38,5% sono le due province dove si è votato di più e si conferma il trend già osservato in mattinata di un’affluenza molto sostenuta nelle zone alluvionate. La provincia dove si è votato meno è invece quella di Rimini (30,17%). Decisamente sopra la media però l’affluenza nel Comune di Bologna (40,56%) superiore di circa cinque punti rispetto alle comunali del 2021 che ebbero la stessa scansione temporale. Eppure c’è stato un tempo in cui in Emilia-Romagna votava il 96,62% degli aventi diritto. Correva l’anno 1975. Un altro mondo. In quello di oggi, il candidato favorito, Michele de Pascale, prima di chiudersi nel silenzio della vigilia aveva fissato al 50% la soglia minima di tranquillità, «sebbene non si tratti di una percentuale edificante» aveva detto nella notte di piazza Santo Stefano.
Nella scorsa tornata elettorale, quella del gennaio 2020 poco prima che il Covid stravolgesse le nostre vite, l’affluenza si attestò al 67,67%, un dato in aumento rispetto a quello del 2014 quando si fermò al 37,71 per cento. Erano le elezioni che avrebbero portato al secondo mandato di Stefano Bonaccini, quelle del caso Bibbiano, della Bestia e delle Sardine. I riflettori, non solo locali, erano tutti su quelle elezioni. Salvini si spese a tempo pieno per Lucia Borgonzoni, mentre gli elettori del centrosinistra venivano trascinati dalle Sardine prima in piazza e poi alle urne.
Visti i numeri di queste ore, sembra comunque scongiurato uno scenario simile alle elezioni del 2014, quelle in cui vinse per la prima volta Bonaccini. La partecipazione crollò al 37,71%, sull’onda di una serie di inchieste che avevano coinvolto sia il presidente Vasco Errani («Terremerse») sia i rimborsi dei consiglieri regionali («Spese Pazze»), oltre al fatto che poche settimane prima era stato approvato il contestatissimo e divisivo Jobs Act dal governo guidato da Matteo Renzi, segretario Pd.
In palio, comunque, resta sempre la stessa posta: da una parte proseguire sulla scia del passato e provare a migliorare se stessi, dall’altra centrare l’impresa storica di strappare l’Emilia-Romagna alla sinistra (evento che non si è mai verificato dal 1970, ovvero dalla sua istituzione). A contendersi la presidenza questa volta sono Michele de Pascale, sostenuto da un centrosinistra ampio che comprende anche il Movimento 5 Stelle e i renziani; Elena Ugolini, candidata civica sostenuta da tutto il centrodestra; Luca Teodori per la lista no-vax Lealtà, Coerenza e Verità e infine Federico Serra, in corsa con una lista che rappresenta Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Partito comunista.
Di certo, se le percentuali rimanessero così basse, non sarebbe un buon viatico per il vincitore. Il rischio è quello di uscire «depotenziato» dalle urne ed essere costretto a lavorare per riprendere terreno, così come capitò appunto a Bonaccini in vista delle successive elezioni, quelle del 2020.
Ci sarà tempo per le analisi, ma di certo una bella giornata di sole (tra l’altro gelida) non basta per spiegare le percentuali basse. Anche lo scarso clamore mediatico non è sufficiente come motivo. Piuttosto il valore del voto stesso sembra in picchiata libera e la colpa non può essere solo degli elettori che non esercitano un diritto tanto sudato e importante. Quell’importanza sarebbe da ricordare sempre, più dei temi che separano schieramenti e candidati. «La democrazia dà la possibilità a tutti di poter scegliere da chi essere rappresentati ed è per questo che è importante votare» ha ricordato Ugolini ieri, uscendo dal suo seggio al Crescenzi-Pacinotti. Per fortuna c’è ancora oggi, per cambiare quel numero. Fino alle 15 si può votare.
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