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Pensioni anticipate, perché nessuno usa la nuova Quota 103 del governo Meloni e cosa conviene di più


I dati del governo Meloni certificano che quasi nessuno quest’anno ha usato la ‘nuova’ Quota 103, approvata a fine 2023: appena 1.541 domande nei primi nove mesi dell’anno. Il problema, come ha spiegato l’Inps, è che ci sono altre misure più convenienti per i lavoratori dipendenti che mirano alla pensione.

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Quest’anno, il numero di lavoratrici e lavoratori che ha deciso di approfittare della ‘nuova’ Quota 103 – quella varata dal governo nella legge di bilancio a fine 2023  – è stato bassissimo. La relazione tecnica della Manovra 2025 certifica che, nei primi nove mesi del 2024, sono arrivate appena 1.541 domande (circa 43mila se invece si considera anche la ‘vecchia’ Quota 103). Il governo aveva stimato che entro l’anno grazie alla nuova misura ci sarebbero stati 17mila pensionati in più. Ma evidentemente pochissimi di coloro che hanno raggiunto i requisiti per Quota 103 – almeno 62 anni di età e almeno 41 anni di contributi – hanno deciso di approfittarne.

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I motivi del flop di Quota 103: requisiti stringenti e assegno ridotto

A spiegare il perché di questo crollo delle domande è stato anche il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, ascoltato in audizione dalle commissioni Bilancio di Senato e Camera. Il punto centrale è la “scarsa convenienza del calcolo contributivo“. Quest’anno, infatti, Quota 103 ha imposto a tutti beneficiari un ricalcolo completamente contributivo della pensione. Significa che l’importo viene calcolato con il metodo contributivo (basato cioè sui contributi versati), mentre per il tempo lavorato prima del 1996 si dovrebbe applicare il metodo retributivo (basato sullo stipendio ricevuto).

Così, chi fa richiesta perché ha raggiunto i requisiti deve accontentarsi di un assegno più basso di quello che avrebbe ottenuto con la pensione ‘normale’. Il ricalcolo è più penalizzante per chi ha iniziato a lavorare molto prima del 1996, soprattutto ha fatto carriera negli ultimi anni: chi ha visto crescere di molto la busta paga nel suo ultimo periodo di lavoro, infatti, ha molto da guadagnarci a mantenere una parte di calcolo retributivo per la propria pensione. E dall’altra parte, chi ha una pensione contributiva (cioè ha lavorato per poco tempo prima del 1996) ha da guadagnarci a restare al lavoro per più tempo.

Per di più, c’è un “limite all’importo della pensione fino a che non si raggiunge l’età di accesso all’assegno di vecchiaia”. Fino ai 67 anni di età, si può ricevere al massimo un assegno pari a quattro volte l’importo minimo, ovvero poco più di 2.100 euro lordi al mese. Per chi avrebbe diritto a una pensione più alta si tratta di un vero e proprio taglio, anche se temporaneo.

Il confronto con la pensione di anzianità della legge Fornero

Un terzo elemento che probabilmente ha scoraggiato molti dall’usare la nuova Quota 103 è che i requisiti per la pensione anticipata prevista dalla riforma Fornero – molto criticata dal centrodestra al governo – non sono poi così diversi. La cosiddetta pensione di anzianità, infatti, permette di lasciare il lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi versati (un anno in meno per le donne).

Bisogna considerare che la nuova Quota 103 ha una finestra d’attesa più lunga di quella precedente: da quando fanno richiesta i dipendenti pubblici devono aspettare nove mesi, quelli del privato sette mesi. Quindi il tempo effettivo passato al lavoro sale a 41 anni e 7 mesi per i privati, 41 anni e 9 mesi per gli statali.

Calcolando che la legge Fornero ha una finestra d’attesa di tre mesi, la differenza si riduce. Un dipendente privato può lasciare il lavoro dopo 41 anni e 7 mesi, con pensione ridotta, oppure dopo 43 anni e un mese con pensione piena: si parla di un anno e mezzo di lavoro in più. Se si tratta di una dipendente pubblica invece l’attesa è di 41 anni e 9 mesi con quota 103, oppure di 42 anni e un mese con la pensione Fornero: solamente tre mesi in più.

Probabilmente anche alla luce del bassissimo numero di domande, il governo ha aggiornato la stima per i prossimi anni. Si prevedono solamente 6mila pensionamenti aggiuntivi con Quota 103 nel 2025, poi 16mila nel 2026 e 8mila nel 2027. Sembrerebbe che si vada verso un progressivo declino della stagione delle pensioni anticipate – Quota 100, Quota 102 e Quota 103 – che dal 2019 al 2023 sono costate 32,3 miliardi di euro e hanno mandato in pensione circa 490mila persone, secondo la stima del governo.





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