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Jacopo Becchetti racconta la sua scelta di vita


di Luca Erba – Una diversa visione di turismo.

Intervista Jacopo Becchetti: Spezzino, 31 anni. Oggi vive a Milano. Ha deciso di lasciare il suo precedente lavoro per dedicarsi a ciò che gli piace di più: raccontare la bellezza.
In questa intervista ci racconta la sua scelta, il suo modo di vedere le cose che ci circondano.

Ti abbiamo visto in tanti. Tu giri nei ristoranti di tutta Italia accompagnando la tavola alla visita dei borghi e delle bellezze che il nostro paese mette a disposizione. Che lavoro fai?
In tanti lo definiscono ‘il lavoro più bello del mondo’, nella sostanza lo trovo un lavoro come un altro: viaggio per raccontare l’Italia e i suoi angoli più autentici. Comunemente potrei definirmi un ‘travel influencer’ anche se preferisco ‘travel teller’, proprio perché cerco sempre nei miei video-racconti di dar voce alle storie di vita delle persone che abitano questi luoghi. Sono queste il vero valore aggiunto.

Prima però facevi un altro mestiere. Un’altra vita, un’altra dimensione professionale. Hai deciso di lanciarti nel vuoto. Hai portato il paracadute o sfidi la forza di gravità?
Credo che ognuno abbia già dentro di sé un paracadute naturale per raggiungere la felicità, bisogna solo trovare la levetta per attivarlo mentre si è in volo. Io ho lavorato per quasi 10 anni nel mondo della moda come Area Manager, ho studiato economia, un percorso di studi e professionale canonico. Pian piano, sentivo dentro di me che qualcosa stava cambiando, sentivo la voglia di vivere di più, di non aver aspettare il weekend per far ciò che mi rendeva felice. Un bel giorno ho trovato la forza di far quel salto. Non è stato semplice nè immediato, la mia pagina è nata in primis come un hobby che coltivavo nei weekend, sono stati mesi di riflessioni, però alla fine ho trovato il coraggio di lanciarmi. Il paracadute non è si è ancora aperto del tutto, quello che posso dire è che forse la levetta l’ho trovata.

La tua sembra la ricetta della felicità. Qual è, se c’è e si può raccontare, il tuo segreto?
Non ci sono segreti, o per lo meno io non amo i segreti. Quello che posso dire è che non mi guardo mai indietro, non ritorno sulle mie scelte e vivo a pieno il presente. La vita da libero professionista non è semplice, lo stipendio a fine mese non ti cade sulla testa per miracolo. Questo ti costringe a esser sempre concentrato e proattivo, soprattutto all’inizio. Non si può attivar il pilota automatico e attendere che trascorrano le ‘canoniche’ 8 ore della vita da dipendente. Il mio ‘consiglio’ a chi vorrebbe seguire un percorso di vita simile, è quello di ‘darsi tempo’, rimanere con i piedi saldi al suolo e lo sguardo vigile su tutte le opportunità che possono presentarsi.

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Valorizzazione della bellezza e difesa di ciò che ancora è autentico. Sembrano questi i punti cardine del tuo lavoro. Siamo un paese maturo per difendere e valorizzare la nostra autenticità?
Viaggiando tanto negli ultimi mesi, ho scoperto storie bellissime che stanno, ahimè, scivolando nell’oblio. Penso, ad esempio, ai paesi dell’area grecanica di Calabria dove gli anziani del paese conversano ancora in ‘greco antico’. Certe tradizioni purtroppo son destinate a scomparire se non viene fatto qualcosa per tutelarle. Ho conosciuto però anche tanti giovani che hanno ‘consapevolezza’ di quanto sia importante difendere la nostra storia, alcuni di questi sono tornati a casa, dopo percorsi di studi fuori, e credono fortemente nella valorizzazione del loro territorio. È da loro che si deve ripartire per raggiungere quel tipo di maturità.

Con il tuo lavoro in qualche modo contribuisci a rafforzare la filiera del turismo sostenibile unito alla promozione del modello slow food. C’è un punto di equilibrio tra gli arrivi di massa e la gestione dei flussi garantendo sostentamento economico ad un settore che genera così tanta ricchezza? Sono tante le famiglie che nel nostro territorio vivono di turismo, per non parlare dell’indotto che questo genera…
Molto spesso nel mio profilo vengo ‘criticato’ perché faccio conoscere mete poco battute. Le critiche che mi muovono son per lo più legate al timore che certi angoli di pace vengano ‘snaturati’ dal turismo di massa. Penso ad esempio ad alcune spiagge della Liguria frequentate per lo più dai locali o ad alcuni isolotti della Laguna Veneta, dove si vive ancora una vita lenta rispetto alla vicina Venezia. Comprendo queste paure, perché ci son stati tanti posti nel nostro paese ai quali il turismo di massa ha fatto danni ‘irreparabili’. Credo però che il punto di equilibrio sia proprio lì: se fossimo in grado di ‘distribuirci meglio’ e dar respiro alle mete più turistiche, ne gioverebbe sia la qualità della vita in tanti posti soffocati dall’overtourism sia l’indotto economico delle famiglie che vivono di turismo.

Viviamo un tempo nel quale i valori dei quali tu parli sembrano impallidire di fronte al senso di insoddisfazione che caratterizza il nostro presente. La gente sembra essere sempre arrabbiata perché non è contenta. “La bellezza salverà il mondo” è la verità o è un modo rassicurante per “raccontarcela” un po’?
Siamo fatti per lamentarci, credo che sia proprio intrinseco nella natura di ognuno di noi. Io sono il primo a farlo ma non credo che ‘il senso di insoddisfazione’ sia nocivo, anzi. Dovrebbe spingere a far sempre un passo in più per migliorarsi. Diventa nocivo nel momento in cui, genera immobilismo: il lamentarsi tanto per dire qualcosa.
Certo, in questo momento storico, fra guerre, instabilità politica, recessione economica, non è facile mantenere uno sguardo positivo sul futuro. Io però sono un inguaribile romantico quindi si, la bellezza salverà il mondo!

Alla fine di questa chiacchierata una domanda è obbligatoria: hai un sogno nel cassetto?
Sono un grande casinista, i cassetti sono già pieni di tante cose che mi ci mancano solo i sogni (ride). Da ragazzino sognavo di far tv, lo sfizio che vorrei togliermi prima o poi è parlare di queste cose in un programma in televisione. Ma per ora rimane solo un sogno, ma non nel cassetto.

 

 





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