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In Sicilia alluvioni e siccità, ora il caso è mondiale. L’esperto: «Sull’isola cambiamenti climatici mai visti, servono in fretta soluzioni»


di
Salvo Fallica

Enrico Foti, docente di Idraulica all’Università di Catania e componente della Commissione grandi rischi. «Cambiamenti del clima strutturali, a Giarre solo la tempestività dell’allerta ha evitato una tragedia»

«Il caso Sicilia, con fenomeni di siccità e alluvioni a distanze relativamente piccole, non è solo un caso europeo ma di livello mondiale. Così come lo è per altri versi il caso Venezia. L’isola essendo al centro del Mediterraneo è fortemente interessata dai cambiamenti climatici, che appaiono come strutturali e di lunga durata. I cambiamenti sono così rilevanti in Sicilia da condurre il mondo scientifico a confrontarsi con fenomeni diversi rispetto al passato. Occorre l’elaborazione di nuovi strumenti». Così Enrico Foti, professore ordinario di Idraulica al Dipartimento Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania, studioso di livello nazionale e internazionale, nell’intervista al Corriere della Sera inizia a spiegare l’anomalia siciliana, siccità e alluvioni a distanza relativamente piccole. 

Il professore Foti è componente della Commissione Grandi Rischi nazionale. È anche stato chiamato come esperto nella cabina di regia per l’ emergenza idrica in Sicilia. Nei giorni scorsi si è trovato ad affrontare in maniera contemporanea sia il caso dell’alluvione nella costa ionica sia la questione dei laghi prosciugati nella Sicilia centrale. E anche se adesso l’attenzione è più concentrata mediaticamente sul caso alluvione, Foti dice al Corsera: «L’Ancipa -uno dei più importanti laghi artificiali siciliani, che è anche strategico sul piano della distribuzione dell’acqua in varie province della Sicilia- è già prosciugato e sono stati trasferiti tutti i pesci». 




















































Alluvioni sulla costa ionica e siccità nella parte centrale e occidentale, cosa sta accadendo in Sicilia?
«Questa situazione che appare assolutamente schizofrenica è difficile da spiegare se non alla luce dei cambiamenti climatici i cui effetti possiamo costatare ogni giorno di più. Chiaramente le piogge molto intense, fortemente localizzate sulle coste, sono certamente correlate anche all’aumento di temperatura del mar Mediterraneo. Altro elemento cruciale del caso Sicilia è che non vi sono le piogge nella parte centrale che potrebbero far riempire i serbatoi che alimentano i nostri acquedotti. Vi è un’assoluta assenza di acqua che ci sta portando ad una carenza idrica rilevante in particolar modo al centro e nella parte occidentale della Sicilia. Stiamo registrando nella nostra vita quotidiana gli effetti seri dei cambiamenti climatici. L’impatto è rilevante. Si pone un duplice problema, come gestire questi cambiamenti climatici adesso e nel futuro». 

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Si tratta di cambiamenti strutturali?
«A mio giudizio si tratta di un cambiamento strutturale. Bisogna attrezzarsi per trovare soluzioni. Possiamo intervenire cercando di mitigare le cause dei cambiamenti climatici, ad esempio con la limitazione dell’emissione di CO2, oppure sugli effetti -con l’adattamento alle mutate condizioni sul piano ingegneristico e infrastrutturale-. Non è semplice perché vi sono questioni culturali e strutturali, alcuni paradigmi sono cambiati. Prima ci si basava sul modello classico, fondato sul “principio di stazionarietà”, cioè quello che è successo negli ultimi 100 anni si ripeterà statisticamente nei futuri 100. Invece adesso alla luce delle nuove evenienze questo paradigma non è più adeguato. E anche al mondo scientifico vengono a mancare strumenti importanti, occorre ripensarli, innovarli rispetto al contesto attuale. E bisognerà anche progettare e costruire in maniera diversa». 

Il caso Sicilia è dunque di rilevanza mondiale?
«Purtroppo in Italia di questi casi ve ne sono diversi, e sono di rilevanza internazionale. Oltre alla Sicilia vi è, ad esempio, il caso Venezia, che patisce molto i cambiamenti climatici. Si pensi al Mose – vi ho lavorato per diversi anni-, era stato previsto per undici sollevamenti all’anno, invece siamo già sulla ventina di sollevamenti l’anno. Il caso Sicilia è più eclatante perché è al centro del Mediterraneo, un mare interessato da forti cambiamenti climatici con effetti visibili a tutti. Siamo dinanzi a segnali molto significativi. Vorrei segnalare all’opinione pubblica anche qualche fatto positivo sul piano del miglioramento della prevenzione e degli interventi di soccorso. Quello che è avvenuto ieri nella costa ionica è comparabile all’alluvione degli anni ’90 nella stessa zona, allora morirono sei persone, in questi giorni invece non vi è stata alcuna vittima. Vi è da aggiungere che gli intensi fenomeni alluvionali a Riposto, Giarre e Acireale hanno portato ad una caduta d’acqua di oltre il doppio rispetto a quella del 1995». 

Cosa ha funzionato in Sicilia rispetto ad un fenomeno simile del passato nella costa ionica, o rispetto al dramma di Valencia? 
«Ha funzionato l’allerta meteo di livello massimo, molta meno gente in giro per le strade abbatte la possibilità di incidenti e fenomeni gravi per le persone. Ha funzionato il sistema di prevenzione e di soccorso, la cultura e la buona pratica della Protezione civile. Ha funzionato il Centro di soccorsi coordinato dal prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, con la partecipazione dei sindaci di Acireale, Giarre, Mascali e Riposto, della Protezione civile regionale e del Comune di Catania, della Città Metropolitana, delle Forze di polizia, dei Vigili del Fuoco, dell’A.S.P., del 118, della Croce Rossa e del Consorzio Autostrade Siciliane. Una rete sinergica e armonica». 

Parliamo adesso della situazione altrettanto preoccupante della lunga fase di siccità in Sicilia centrale e occidentale. Qual è la situazione del grande lago Ancipa?
«Sostanzialmente si è cercato di utilizzare tutto il volume disponibile di risorsa idrica. È stata utilizzata anche quella destinata alla fauna ittica e dunque sono stati spostati tutti i pesci in altro luogo. Il problema è l’assenza di piogge. Pensi che mentre nella costa vi erano intensi fenomeni alluvionali-con mezzo metro di acqua in poche ore-, a Troina (nel centro dell’Isola) sono caduti solo pochi millimetri di acqua piovana- quantità assolutamente inadeguate nell’ottica del riempimento dei serbatoi». 

Cosa si può fare?
«Sono stati realizzate e previste, attraverso anche il coordinamento della cabina di regia, opere per circa 140 milioni di euro. E prima di tutto sono stati ristrutturati e rigenerati dei pozzi in molte parti della Sicilia per renderli più efficienti e di immediato utilizzo. Se però continua la siccità in Sicilia centrale anche le fonti sotterranee avranno carenze. La Sicilia ionica tra la neve dell’Etna, le sorgenti idriche e le piogge non ha invece problemi di acqua potabile». 

In Sicilia vi è anche il paradosso dell’acqua che vi è e si disperde. Vi è una perdita di acqua che supera in media il 50%
«La perdita di acqua è un problema patologico del sistema infrastrutturale delle reti di distribuzione idrica siciliana. Vi sono state carenze anche sul piano dell’utilizzo dei fondi europei, la Sicilia ha dovuto restituire risorse all’Europa per oltre 100 milioni di euro per migliorare le condizioni delle reti di distribuzione. Nell’Isola un litro su due immesso nelle reti idriche si perde, e vi sono zone dove addirittura le perdite di acqua toccano il 75%». 

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