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Cade in cantiere e viene abbandonato ferito. L’ultima vergogna a Grado




Una manifestazione contro gli infortuni sul lavoro – Ansa

Cinque mesi dopo la tragedia di Satnam Singh, la storia si ripete. Due sere fa, un uomo di 53 anni di origini egiziane, è stato scaricato, gravemente ferito, davanti a un distributore di benzina di Grado, in provincia di Gorizia. Soccorso dal gestore, l’uomo ha raccontato di essere caduto da un’altezza di tre metri, molto probabilmente in un cantiere e di essere stato trasportato lontano a bordo di un’automobile. Portato in elicottero all’ospedale di Udine, dove è giunto in codice rosso, non sarebbe in pericolo di vita. Sulla vicenda sono in corso accertamenti, da parte dei Carabinieri, per fare chiarezza sui vari aspetti ancora oscuri. Ma ci sarebbero pochi dubbi sul fatto che l’uomo – residente a Milano e con un regolare permesso di soggiorno – si fosse fatto male in un cantiere edile e poi portato altrove dagli stessi colleghi per depistare le indagini. E torna alla memoria la tragica fine di Satnam Singh, bracciante agricolo di 31 anni di origine indiana, lasciato morire dissanguato in mezzo alla strada, lo scorso 19 giugno, dopo aver perso un braccio nei campi della provincia di Latina. Una fine orribile che rivelò tutto l’abisso di disumanità dello sfruttamento senza scrupoli dei lavoratori migranti. Un andazzo che, evidentemente, prosegue e di cui il caso di Grado, se confermato come pare, non è che l’ultima manifestazione.

«Crimine contro la persona»

«Quanto avvenuto a Grado si può definire solo come un crimine contro la persona e il lavoro – tuona la segretaria del Pd del Friuli Venezia Giulia, Caterina Conti –: fatto salvo l’esito fortunatamente non letale, sembra che siamo di fronte a un caso analogo a quello di Satnam Singh, che ha agghiacciato l’Italia. Gli inquirenti accerteranno i dettagli dell’evento e confido saranno trovati e puniti i responsabili di un fatto che riporta alla luce un ambito di grave illegalità». Che nemmeno l’introduzione della patente a crediti è riuscita a contrastare. Così come non sono calati gli infortuni, gravi e mortali, nel settore edile, il più colpito di tutti. Come documentato dalle analisi dell’Osservatorio Sicurezza sul lavoro Vega Engineering di Mestre sui dati dell’Inail, nei primi nove mesi dell’anno, il comparto edile ha registrato 106 incidenti mortali su un totale di 776 (15 in più dello stesso periodo dell’anno precedente, con un aumento del 2%).

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«Questa è l’ulteriore conferma che anche in Friuli Venezia Giulia c’è una realtà sommersa – aggiunge la segretaria regionale del Pd Conti – di lavoro nero, sfruttamento, caporalato, che si approfitta del bisogno dei lavoratori e qui potrebbe esserci anche l’omissione di soccorso. Serve più forza per combattere una realtà criminale che sfrutta i lavoratori e – conclude Conti – danneggia le imprese sane che rispettano le regole».

Lavoratori immigrati, categoria a rischio

A finire nelle grinfie di imprenditori senza scrupoli, sono quasi sempre lavoratori immigrati che, spinti dal bisogno, accettano condizioni di lavoro ben al di sotto dei livelli minimi di sicurezza previsti dalle norme. Proprio come Satnam Singh e tanti altri di cui, in questi ultimi anni, si sono occupate le cronache. Una strage della quale non si vede la fine.
«Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro nei primi nove mesi dell’anno sono 132 (e 39 quelli morti “in itinere”, lungo il percorso casa-lavoro e viceversa) su un totale di 776 – si legge in una nota dell’Osservatorio mestrino – con un rischio di morte sul lavoro che continua a essere quasi triplo rispetto agli italiani. E, infatti, gli stranieri registrano 55,6 morti ogni milione di occupati, contro i 20,5 degli italiani che perdono la vita durante il lavoro».
Complessivamente, sempre nel periodo gennaio-settembre 2024, le denunce di infortunio in occasione di lavoro degli italiani, registrate dall’Inail, sono 285.659, mentre degli stranieri sono 76.145, pari a circa il 37%. Ma i lavoratori immigrati regolarmente occupati in Italia sono circa 2,4 milioni e arrivano appena al 10% del totale. Una categoria fragile, esposta, più di altre, al pericolo di uscire di casa la mattina e non rientrare la sera.





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