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Basilicata: l’incredibile storia di una regione rimasta senz’acqua per un cavillo


L’aggiornamento delle regole sulla sicurezza delle dighe ha portato a svuotare uno dei laghi artificiali che dissetavano quasi trenta comuni lucani, ora rimasti a secco. Il cambiamento normativo fa danni come il cambiamento climatico


Macché crisi climatica; una sciocchezza il riscaldamento globale; una corbelleria l’allarme siccità. Se la Basilicata è a secco – acqua erogata con il timer ai 140 mila abitanti di Potenza e di altri 28 comuni lucani – la colpa non sta del cambiamento del clima. Bensì è del cambiamento normativo. Sono state aggiornate le regole sulla sicurezza delle dighe, e di conseguenza è stato svuotato d’autorità uno dei laghi artificiali che dissetavano la Basilicata. Ecco la storia che da maggio lascia secche le condutture della regione più piovosa del Mezzogiorno, la più boscosa e più ricca di acqua, quella che disseta perfino l’Acquedotto Pugliese fino all’estremità di Santa Maria di Leuca. I pugliesi bevono acqua lucana; i potentini ogni pomeriggio riempiono taniche e secchi in vista del razionamento notturno

La diga del Camastra forma il lago che disseta a singhiozzo Potenza e parte dell’agricoltura della Basilicata. Progettata e costruita sessant’anni fa quando c’era il governo Moro e sulla nuovissima Autostrada del Sole si allineavano le Fiat 600, da allora mai collaudata (“L’esercizio sperimentale, iniziato nel 1964, è tuttora in corso”), la diga sul torrente Camastra è uscita dalle regole quando sono state introdotte nuove norme tecniche sulla sicurezza e sulla prevenzione sismica delle sue paratoie. Con la sicurezza delle dighe non si scherza. Il 21 marzo 2019 la sede di Napoli dell’Ufficio tecnico dighe, ministero delle Infrastrutture, con la nota R.U.0007055 aveva intimato al gestore dell’impianto – era un ente dal nome carrozzonesco, Eipli, Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia Lucania Irpinia – di svuotare gran parte del bacino artificiale del Camastra. 

Così le paratoie sono state aperte, l’acqua è defluita e il pelo dell’acqua è stato portato dalla quota di 531,6 metri sul livello medio del mare alla quota di 524,6 metri, cioè sette metri più in basso. Il lago non si vede più; una distesa di fango chiaro attornia una pozzanghera di 420 mila metri cubi di acqua torbida invece dei 32 milioni di progetto. Il 30 novembre sarà finita anche quella pozzanghera limacciosa.  Attenzione. Non c’è solamente il problema delle paratoie non a norma e dello svuotamento d’autorità del lago. Sulla Basilicata si è raddensata una congiunzione astrale di eventi

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Contromisure. Si sta lottando contro il tempo per realizzare in pochi giorni un impianto di sollevamento temporaneo. Entro martedì o mercoledì una conduttura lunga alcuni chilometri prenderà circa 400 litri al secondo di acqua dal sottostante Basento, dove il fiume lasciata Potenza lambisce Castelmezzano e Albano di Lucania, e la alzerà fino al lago disseccato, e poi sarà purificata dall’impianto di potabilizzazione di Masseria Romaniello. Cioè i potentini si riberrebbero l’acqua che hanno usata. Non ci sono problemi di inquinamento: il direttore tecnico scientifico dell’Arpa Basilicata, Achille Palma, conferma che “la situazione è tranquillizzante. Solo due leggeri superamenti, tensioattivi (0,3 rispetto a 0,2) e fosfati (2,8 rispetto a 0,7), sostanze che comunque potranno essere trattate dal potabilizzatore. Alla luce di quanto rilevato, l’acqua viene classificata in A2 e può essere destinata al consumo umano”.

Problema competenze. Un proverbio veneto dice che il cane con troppi padroni muore di fame; l’acqua della Basilicata di padroni ne ha così tanti che il cane proverbiale rischia di morire di sete. I consorzi di bonifica, con il loro bacino idroelettorale; i tecnici ambientali dell’Arpa Basilicata; l’Autorità distrettuale del Mezzogiorno, guidata da Vera Corbelli, la quale pianifica i bacini dei fiumi e che dal 2018 agisce anche come commissario straordinario del governo per  l’efficientamento del sistema dighe e adduttori che un tempo erano gestiti dall’Eipli; l’Acquedotto Lucano; l’Egrib, altro nome carrozzonesco che sta per Ente di governo per i rifiuti e le risorse idriche della Basilicata; la spa Acque del Sud che da un anno riunisce le attività idriche; e su tutti, sul podio di direttore d’orchestra, c’è la regione presieduta da Vito Bardi.

Problema rete. A differenza del sistema idrico delle altre zone, integrato e connesso, il bacino che disseta Potenza è isolato. Non ha apporti alternativi al torrente Camastra. In sessant’anni di lavori e appalti, il lago non è mai stato collegato con il resto della rete interconnessa dei colossali acquedotti che scendono dal Sele e dal Pertusillo. Problema fango. I sedimenti hanno riempito il bacino e hanno tolto spazio all’acqua. Il fango da rimuovere dal fondale riguarda tutti i laghi artificiali, non il solo Camastra. Quando era classificato “rifiuto speciale”, il fango era costosissimo da caricare nei camion per rovesciarlo in discarica a prezzi mostruosi. Solamente negli ultimi anni il fango dei laghi è stato dichiarato non più rifiuto bensì “terra e roccia di scavo”, ed è possibile spurgare quei laghi che hanno una buona manutenzione. Ripeto: i laghi con buona manutenzione.

Problema pioggia. C’è un periodo stagionale di scarsità di piogge, che ha impoverito la disponibilità. Problema perdite. Secondo alcune stime, in alcuni punti del sistema idrico le dispersioni d’acqua possono arrivare al 70 per cento. A volte è definita perdita ciò che perdita non è. Furti d’acqua, usi impropri, derivazioni clandestine, crediti inesigibili, forniture omaggio. I canali a pelo libero sono sottoposti all’evaporazione e, col caldo che fa, evapora moltissima acqua. Un caso: molta acqua si perde dalla tubazione che dal lago prosciugato arriva al potabilizzatore di Masseria Romaniello, alle porte di Potenza. La condotta è ammalorata all’altezza di Brindisi di Montagna e non può essere riparata senza chiuderla del tutto, e lasciare la città senza acqua per diversi giorni finché la tubatura non è accomodata e spurgata dai residui di lavorazione.

Problema agricolo. La Basilicata, regione a trazione agricola, spesso non fa preferenze tra consumi irrigui e consumi potabili e a volte ha destinato con generosità a dissetare i broccoli quell’acqua che scarseggia per i rubinetti domestici. Il bacino irriguo è soprattutto un bacino elettorale. Non è un caso se gli agricoltori lucani erano in allarme per la creazione della spa Acque del Sud decisa dal governo Meloni nel 2023 per occuparsi “della gestione, esercizio e manutenzione di grandi opere idrauliche e quale fornitore all’ingrosso di acqua non trattata, per usi potabili agli acquedotti Pugliese, Lucano e al Consorzio Jonio Cosentino in Calabria”. Finché l’acqua c’è, è stata data in abbondanza al bacino elettorale agricolo, con prelievi quotidiani medi passati da 30 mila metri cubi al giorno nel 2023 ai circa 45 mila metri cubi al giorno del 2024. Il 17 ottobre 2024, mentre a Potenza si riempivano pentole e taniche per superare il razionamento, la diga erogava 379 mila metri cubi d’acqua.
Problema appalti.

La magistratura sta analizzando per capire se la procedura accelerata dall’emergenza può solleticare appetiti appaltizi. I soldi capaci di aguzzare l’ingegno ci sono. Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, ha nominato commissario il presidente Bardi e ha stanziato 2,5 milioni. Poi c’è un progetto Pnrr da 35 milioni con Acque del Sud per ristrutturare la diga. Problema complottisti. In Basilicata colpisce duro e in tutti i corpi sociali l’epidemia di cospirologia acuta. Non si contano i mugugnatori compulsivi, i disseminatori seriali di paura e i complottisti livello pro. C’è chi accusa del disseccamento del lago le multinazionali petrolifere (su una piattaforma social: “L’acqua ce la rubano i criminali petroliferi”) ed Extinction Rebellion, come sempre lunare, in un messaggio dedicato all’invaso del Camastra denuncia “il livello delle acque scende, quello della nostra rabbia sale” per via del “crimine” della “crisi climatica”.
 





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