Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Consulenza fiscale

Consulenza del lavoro

«Senza riforma non si vince»


Si scrive autonomia, si legge Veneto. Ecco l’equazione capace di tenere sulle spine il centrodestra nei prossimi mesi. Equazione che il verdetto della Corte Costituzionale, con i duri rilievi sulla legittimità della riforma federalista targata Lega, rischia ora di riscrivere. Manca un anno all’appuntamento clou. Il voto che deciderà il futuro del Veneto dopo tre mandati di regno di Luca Zaia, il governatore diventato “Doge” sull’onda di un consenso bulgaro alle urne.

Il prossimo ottobre la maggioranza dovrà giocare una partita delicatissima. Giorgia Meloni è decisa a fare goal: riconfermare le percentuali a doppia cifra di Fratelli d’Italia di due anni fa. Quando alle politiche che aprirono la strada per Palazzo Chigi il partito della premier incassò il 32 per cento, più del doppio dei consensi leghisti. Un risultato simbolo della scalata al Nord della destra romana forgiata nei locali in pietra di Colle Oppio, decisa a diventare partito-Nazione e a presidiare gli spazi conquistati, anche a danno dei suoi stessi alleati. Matteo Salvini, dal canto suo, ha già gli occhi puntati sul voto veneto dove dovrà difendere l’eredità leghista del dopo-Zaia: il “Doge” non potrà più correre, perché di concedere una deroga alla regola dei “due mandati” consecutivi a Palazzo Chigi (come lo stesso Salvini) non vogliono saperne.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

IL TETRIS

Ebbene, è una partita, quella veneta, che si incrocia con il cammino dell’autonomia differenziata. Rallentato ora dalla Corte Costituzionale con il probabile ritorno in aula della legge già approvata dal governo e i tempi che, salvo sorprese, si allungheranno. Chi ha sentito il segretario della Lega nelle ultime ore non lo ha trovato affatto preoccupato dallo stop dei giudici costituzionali. Perché nell’immediato – e su questo sono d’accordo la premier e i suoi alleati – serve un involontario assist al centrodestra rinviando a data da destinarsi, forse perfino cancellando una volta per tutte il referendum abrogativo apparecchiato dalle opposizioni con la raccolta di più di mezzo milione di firme. Scampato pericolo, si danno di gomito a Palazzo Chigi ben sapendo quanto fosse insidioso e imprevedibile quell’appuntamento.

Nel lungo termine però, il binario lento dell’autonomia può diventare un problema. Di sicuro per la Lega che alle regionali venete – probabilmente in programma per l’ottobre del 2025 in un election-day con Campania e Puglia – deve presentarsi agli elettori con la “pistola fumante” in mano. Tradotto: come minimo, l’accordo tra Regione e governo sulle materie non Lep. Ovvero le funzioni “secondarie” – per intenderci, niente scuola o sanità – che si potranno trasferire in tempi più rapidi, nonostante la frenata imposta dalla Consulta: protezione civile e commercio con l’estero, rapporti con l’Ue e coordinamento della finanza pubblica. Un’autonomia soft, quanto basta per spiegare agli elettori e ai militanti del Carroccio che la vecchia battaglia del Leone di San Marco non è stata abbandonata né tradita.

Roberto Calderoli, ministro e padre putativo della legge, lo ha fatto presente a Salvini: bisogna andare avanti con le intese. «No autonomia, no party» ripetono i vertici del partito con lo sguardo preoccupato all’appuntamento veneto. È un cruccio che da tempo ha iniziato ad abitare i pensieri della maggioranza. Negli ultimi mesi Fratelli d’Italia e Lega hanno ripreso a parlarsi, ad affrescare scenari per evitare un derby sporco sotto elezioni. Trattano, per il partito della premier, i diarchi di via della Scrofa, Giovanni Donelli e Arianna Meloni. Mentre per il Carroccio c’è in prima fila il segretario veneto e vice di Salvini Alberto Stefani, che “Il Capitano” vorrebbe governatore dopo Zaia, mentre segue da dietro le quinte il veterano Lorenzo Fontana, presidente della Camera. Meloni ha già opzionato la Regione. Si scalda il “suo” Luca De Carlo, colonnello veneto della premier. Che in casa deve però fare i conti con la concorrenza non proprio leale di Elena Donazzan, assessora più volte balzata agli onori delle cronache per dichiarazioni border-line, ma solidissima quanto a consensi sul territorio.

LO SCAMBIO

Salvini sarebbe disposto a cedere il Veneto ai “Fratelli” solo in cambio di una garanzia ferrea: la Lombardia, dove è nata l’epopea di Alberto da Giussano, resta alla Lega. Garanzia che oggi ancora non c’è: al voto lumbàrd mancano due anni e i vertici di FdI sono assai restii, al momento, a fare concessioni così altisonanti sul futuro. Sicché in casa Lega hanno ascoltato con sospetto le parole pronunciate da Ignazio La Russa sulla candidatura del leader di Noi Moderati Maurizio Lupi a sindaco di Milano: non sarà una mossa per “prenotare” la Regione nel 2027? C’è ancora tempo per parlarne. Sul Veneto invece i tempi stringono. E il cammino lento dell’autonomia può trasformarsi in una grana per chiunque, in maggioranza, si lancerà alla conquista della Regione di Zaia. Dove la causa federalista fa ancora battere i cuori e riempie le urne.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati