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con la specializzazione porte aperte sul lavoro


ANCONA L’equazione della metamorfosi è un’incompiuta. Si lavora di più, del + 1,7%, si guadagna di meno, si scende a patti con la precarietà. L’andamento non è una linea retta, ma un sali-scendi di segni contrastanti. Il livello del tasso d’occupazione, nelle Marche, negli ultimi vent’anni non è stato mai così alto. L’aggiornamento congiunturale di Bankitalia lo ribadisce: nel primo semestre del 2024 è salito di 0,6 punti percentuali, al 66,9%, con l’espansione della componente femminile, che ha compensato il calo di quella maschile, e il recupero degli autonomi.

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L’appendice

A scorrere le griglie delle tabelle che chiudono il rapporto della costola locale di Palazzo Koch, al capitolo “assunzioni di lavoratori dipendenti”, quelle a tempo indeterminato calano del 5,1%, una discesa che segue quella più ardita del 2023, che era al -10,9%. Cambio di prospettiva: un “più” deciso precede i contratti intermittenti, a chiamata, con un +6,6%. Sintesi, quella che appare come una profonda boccata d’ossigeno in realtà è fiato spezzato: l’incremento riguarda soprattutto turismo&ristorazione, la combinazione di basse remunerazioni e l’incertezza della stagionalità. Arrivando al corollario “industria in senso stretto” si torna giù, a -12,3%. Privilegiando l’osservazione d’insieme, quel numero va sommato al calo dei dipendenti del 4,8%, se la struttura conta tra i 16 e i 99 lavoratori, e del -7,5% se si viaggia oltre quota 100. Tradotto: le fabbriche non sfuggono alla flessione e all’analisi impietosa.

Uno studio targato McKinsey Global Institute, la cui missione è aiutare aziende e leader politici nel processo decisionale sulle questioni economiche e commerciali, afferma che entro il 2030 «fino al 30% delle ore attualmente lavorate potrebbero essere automatizzate». Una riflessione dalla doppia valenza: il tempo liberato per i collaboratori potrà essere utilizzato per l’aggiornamento continuo, oppure si penserà a un taglio di costi e risorse?

Il limbo

Che la formazione non sia un elemento fondante lo dimostra il limbo nel quale sono costretti coloro che hanno tra i 30 e i 50 anni, i più penalizzati: per loro le assunzioni si assestano al -4,9%, mentre nelle fasce d’età che seguono e precedono la curva torna a salire. Sfrutta la scia, Donato Iacobucci: «La conversione delle competenze richiede tempi lunghi e inoltre appare chiaro che ci si deve abituare a cambiare il posto con più rapidità e flessibilità». Dal suo punto d’osservazione d’accademico, il docente di Economia Applicata della Politecnica segnala il travaso, sempre più evidente, verso i servizi. «Le imprese manifatturiere – evidenzia – al loro interno hanno meno addetti alla trasformazione del prodotto e sempre più figure dedicate a ricerca e sviluppo». In questo punto esatto il dato congiunturale, che fissa il momento, aggancia quello strutturale, che dà spessore alla trasformazione. Prende forma un alveo dove avanzano il timore che l’automazione distrugga il lavoro e non lo crei e la certezza del divario provocato. «Produce una diseguaglianza – spiega il prof – perché genera impieghi di bassa qualità e stipendi risicati. Mentre prima la distanza tra operaio e cameriere era bassa, ora non è più così: in fabbrica ci sono i tecnici specializzati».

Nel quadrante positivo la declinazione è tutta al femminile: «Le donne recuperano il gap: eravamo al gradino più basso per tasso di attività a livello europeo. Ben vengano». Sul fronte delle costruzioni, la tenuta, alimentata dall’intreccio di superbonus, Pnrr e ricostruzione post-terremoto, potrebbe essere volatile, legata alla tendenza del momento e a un campo a bassa qualità d’impiego. Sollecita il doppio livello di lettura, Iacobucci: «Le aziende non trovano figure qualificate, di contro quei lavoratori mancati ripiegano verso un’offerta più modesta».

La previsione

Altro giro. “The Future of Work” il rapporto dell’Oecd, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Parigi, decretava: «Il 14% dei posti di lavoro esistenti potrebbe scomparire a causa dell’automazione nei prossimi 15-20 anni e un altro 32% potrebbe trasformarsi radicalmente con l’automazione dei singoli compiti». Era il 2019, quella previsione che allora pareva azzardata, oggi è l’incompiuta della metamorfosi.

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