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Buio… Fitto per i Commissari Ue, Zes mia cara Zes e trappolone dem – AlessioPorcu.it


L’ostilità dem alla nomina in Ue e i presupposti di una natura bifronte che era già scritta, fin dal duello con l’Agenzia delle Entrate

Il dato crudo è tutto nostrano, da fotifinish: oggi scadono i termini per le imprese interessate al credito d’imposta all’interno della Zes unica del Mezzogiorno. Ed entro la mezzanotte di questo 15 novembre più campale di quanto non sembri le imprese dovranno aver completato “gli acquisti di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive all’interno della ZES unica”.

E c’è di più, un di più rappresentato dalla “comunicazione integrativa”. Cioè del documento che serve ad attestare la realizzazione degli investimenti. Ecco, per inviare all’Agenzia delle Entrate quel documento chiave c’è una finestra al momento inderogabile. Quella tra 18 novembre e il 2 dicembre 2024. E lì inizieranno altri problemi.

La scadenza acquisti per la Zes

Dato crudo numero due: la Zes aveva iniziato a dare grane esattamente a fine estate. Cioè quando l’Agenzia delle Entrare aveva incamerato un numero di domande superiore a quello che la disponibilità economica di cassa consentiva. In soldoni? Come sempre in Italia: si va di iniziativa ma con coperture che, pur essendo perfette in punto di norma e Ragioneria dello Stato, alla fine sono sempre inferiori al plafond dei potenziali fruitori.

Perciò la percentuale sul credito d’imposta era diventata oggetto di un braccio di ferro tra quel che si poteva fare davvero in punto tecnico e quel che la politica proclamava come fattibile. Tradotto all’atto pratico; ti dico che se spendi mille poi ti restituirò il 50% sotto forma di credito da scalare sulle tasse ma siccome a partecipare al bando e spendere mille sono stati più del previsto allora ti abbasso la percentuale da restituirti, in modo da farci rientrare tutti. A quanto la abbasso? Stiamo finendo i conti.

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Alla fine la soluzione mediata era arrivata con il Provvedimento n 305765 del giorno 22 luglio. Quando cioè l’Agenzia delle Entrate stabilì che “la percentuale spettante per il Credito di imposta ZES Unica Mezzogiorno è pari al 17,6668 per cento.

Il Pil romano e la ricetta Coppotelli

Il concetto e l’areale Zes era stato poi un qualcosa che non aveva premiato Ciociaria e Pontino. E questo al di là dei vecchi strali tra Raffaele Fitto nella veste di ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il PNNR ed Ernesto Maria Ruffini. Cioè l’uomo al comando dell’Agenzia delle Entrate.

La solfa ormai è chiara: Roma fa Pil ed impedisce al Lazio di entrare nel club, tuttavia il Pil capitolino resta capitolino, mentre Frosinone e Latina (ma non solo), restano al palo. Enrico Coppotelli, segretario generale della Cisl Lazio, ha fustigato la politica per mettere e regime una formula simile alla Zes e valorizzare i territori in sinergia e lo stato dell’arte è fermo, nel Lazio, in Italia ed in Europa. (Leggi qui: “La presa in giro Stellantis, la Zes, la Tav a Ferentino”: Rocca infiamma Cisl).

Enrico Coppotelli, Segretario Generale Cisl del Lazio (Foto: Erica Del Vecchio / Teleuniverso)

Ecco, il contesto è questo. Contesto nel quale la figura del Raffaele Fitto ministro si è via via stemperata in quella del Fitto possibile Commissario Europeo e vice di Ursula von der Leyen osteggiato dai socialisti europei. E tra le due faccende, piaccia o meno, c’è una liaison forte. Molto più forte di quanto non facciano supporre i soli nasi storti in ordine al battage ideologico di Ecr, il partito che ingloba Fitto in Ue.

Il dem Benifei: “Non rappresenta l’Ue”

Ursula von der Leyen (Foto: Daina Le Lardic / © European Union 2021 – Source : EP)

Riassumiamo con le parole di Brando Benifei, europarlamentare dem del gruppo Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, quelli che non vogliono Fitto e non vogliono inciuci con il Ppe per metterlo in casella apicale. “Fitto non può essere vicepresidente esecutivo della Commissione Europea: rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, l’ambiente e l’integrazione europea. E a chiosa: “Ursula von der Leyen rischia di perdere molti voti in aula”.

Insomma, è impasse forte e per ora con Commissioni e Vicepresidenze non se ne esce. Di fatto Fitto rappresenta la prova provata della natura ambivalente della politica europea di Giorgia Meloni, tesa a conservare identitarismo sovranista ed al tempo stesso protesa a stemperarsi in un format politico più stabile e meno “equivoco”.

Ed al tempo stesso, questo fino a pochi mesi fa, rappresentava esattamente l’opportunità che anche il Partito Democratico, mai troppo polemico sul personaggio, vedeva in questo suo doppio ruolo. Perché comunque l’avesse messa Giorgia Meloni avrebbe dovuto ammettere un qualcosa che le dava acido nello stomaco. Che Fitto è sì figura sua, ma figura “giusta” perché in effetti non proprio afferente all’universo sovranista (è un ex forzista che non ha mai premuto sui mantra ideologici di settore). Oppure che Fitto, in quanto persona sua e di Ecr, è uno che non può piacere ad un’Europa compiutamente green ed attenta all’inclusione.

La doppia veste di Raffaele

Era una trappola insomma, trappola che in Italia è stata esacerbata anche dal ruolo che Fitto (non) ha avuto nel gestire con maggior oculatezza il rapporto tra fondi per la Zes ed effettivi fruitori della medesima.

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E che in Europa ce lo ha spedito più come esecutore di quel che aveva portato a casa Giuseppe Conte che come organizer di una rivoluzione tutta interna a sé stesso ed al suo partito. Facendo doverosissime tare potremmo dire che Conte è stato lo “Schroeder” della situazione e Fitto la “Merkel”, che dei frutti di quel che Schroeder fece ne ha goduto per tre lustri.

Troppa pubblicistica nel parlarne quando si vociferava già che sarebbe andato a Bruxelles-Strasburgo e poca organizzazione negli aspetti più concreti, quelli che ad agosto avevano fatto arrabbiare Ernesto Maria Ruffini. Inutile dire che, sull’impasse “spagnola” per cui oggi Fitto non è in pole per far compiere il suo capolavoro di mix ad Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni ci si è buttata come una mantide.

E con il solito mood struscione sulle masse per cui il no a Fitto è un no al peso dell’Italia in Ue. Mentre in realtà è uno no a Fratelli d’Italia ed a Ecr, oltre che un alert per il Ppe. “Signore e signori, ecco a voi la posizione del gruppo dei socialisti europei, nel quale la delegazione più numerosa è quella del Pd di Elly Schlein”.

Meloni che dice “ecco, vedete?”

Giorgia Meloni

Poi il ka-boom due: “A Raffaele Fitto, commissario italiano, va tolta la vicepresidenza della Commissione che la Presidente von der Leyen ha deciso di affidare. L’Italia, secondo loro, non merita di avere una vicepresidenza della Commissione. Questi sono i vostri rappresentanti di sinistra. Perché alla fine la trappola dem è scattata, ed un ministro “morbido” è diventato un’esca grassa per erodere carisma Ue alla premier.

E metterla di fronte al suo ossimoro più grande: quello di una leader nazionalista che però deve dire di volere un’Europa che sia finalmente di più delle singole Nazioni.



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