diPaola Di Caro
La lite tra i due ministri sui bonus per le auto elettriche. Meloni spinge sul premierato
Non è un clima esattamente idilliaco quello in cui parte lo sprint finale per la campagna elettorale per le Europee, sia per i rapporti interni nelle coalizioni che per quelli tra maggioranza e opposizione. Se lo scontro tra governo e centrosinistra è pressoché scontato nel momento in cui, oggi, approderà in aula al Senato il premierato per la prima delle quattro letture previste per la riforma costituzionale, meno banali sono i continui botta e risposta tra i partiti del centrodestra.
Ieri è stata la volta della piccata risposta del ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, di FdI, a Matteo Salvini, Lega, che due giorni fa aveva lamentato la politica dei bonus che il governo sta mettendo in campo e che «raramente rimangono in Italia». Il ministro dei Trasporti ce l’aveva in particolare con gli incentivi alle auto elettriche, dei quali — la sua riflessione — beneficerebbe soprattutto la Cina: «Non vorrei che ci fosse un suicidio assistito di un’intera filiera produttiva».
Al leader leghista ha appunto controbattuto Urso: «Il piano incentivi è stato sottoscritto anche dal ministero delle Infrastrutture e quindi anche dal ministro Salvini. Come dimostrano i dati sugli incentivi per le auto dello scorso anno una parte estremamente esigua pari a circa il 2% finisce ad auto cinesi» e il piano incentivi di quest’anno è stato «ancor più disegnato sul modello della produzione nazionale».
Non sono battibecchi da poco, perché su questi temi vicini ai cittadini si potrebbe giocare molta campagna elettorale, che con il proporzionale vede sfidarsi ciascun partito contro l’altro. E proprio per questo l’opposizione contesta duramente l’operazione premierato che, è l’accusa, il centrodestra e FdI in particolare stanno mettendo in campo. Oggi infatti inizierà in Aula al Senato il dibattito (con il voto sulle pregiudiziali) sulla riforma che introduce nel sistema l’elezione diretta del premier, e il sospetto è che tanta fretta sia dovuta alla volontà di spendersi la carta del premier eletto — con il volto e il nome di Giorgia Meloni — già alle Europee.
Da Palazzo Chigi — visto che proprio oggi la premier chiuderà un convegno sul premierato organizzato dalla Fondazione De Gasperi al quale parteciperanno anche i presidenti delle Camere e la ministra Casellati — difendono la riforma e ne valorizzano il senso: «Poiché l’instabilità dei governi indebolisce una nazione nelle relazioni internazionali e in economia, l’intento è sottolineare che le riforme istituzionali, premierato incluso, non sono conflittuali rispetto ai poteri istituzionali, ai principi fondanti e agli obiettivi della nostra Costituzione». Ecco perché insomma anche Meloni parteciperà ai lavori: «Non sarà un convegno specialistico tra addetti ai lavori bensì un momento di confronto con i cittadini», spiegano le fonti di Palazzo Chigi.
Sullo sfondo, resta la preparazione al voto. Con un post che lo ritrae in foto accanto a Elly Schlein, Matteo Renzi ironizza sulla collega: «Oggi con Elly dai commercialisti. L’ho scherzosamente ringraziata per la sua scelta di aderire ai referendum contro il Jobs act. Adesso è tutto più chiaro: chi vota il Pd, vota per la Cgil. Chi vota Stati uniti d’Europa vota per il lavoro», dice il leader di Iv. Chi invece al voto non ci sarà è Forza nuova, le cui liste non sono state ammesse dalla Cassazione perché non hanno raccolto le firme e non sono in collegamento con partiti presenti nel Parlamento europeo. La Cassazione ha riammesso in tutta Italia Alternativa, respinto anche il ricorso di Italexit.
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