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Le imprese italiane hanno rimborsato prestiti alle banche a livello record nel 2022 e 2023 a causa dell’aumento dei tassi e del minore fabbisogno di risorse per investimenti. I rimborsi hanno raggiunto in alcuni mesi livelli mai toccati finora, con un massimo all’8% dei prestiti a dicembre 2022, secondo i dati della Banca d’Italia. Una parte cospicua dei rimborsi è legata alle estinzioni anticipate dei finanziamenti residui, pari a un quinto del totale dei prestiti in essere a fine 2021. Le restituzioni hanno riguardato soprattutto prestiti a tasso variabile di grandi imprese che avevano raccolto ampia liquidità negli anni della pandemia e che comunque possono accedere più facilmente a finanziamenti sul mercato.

Anche per questo motivo secondo Bankitalia i rimborsi anticipati dei prestiti «non hanno comportato un peggioramento significativo della posizione di liquidità delle imprese» e «non costituiscono una fonte di vulnerabilità per la stabilità finanziaria». Secondo l’ultimo sondaggio di Via Nazionale, «la gran parte delle imprese che hanno impiegato la liquidità per rimborsare i prestiti ha dichiarato di trovarsi in una posizione finanziaria adeguata a coprire le necessità operative».

I dati sul credito

I rimborsi hanno inciso sui dati negativi del credito alle imprese in Italia, in frenata da agosto 2022. A febbraio i prestiti alle aziende italiane erano il 3,8% in meno rispetto a quelli di un anno prima. I numeri indicano che non si è trattato di un credit crunch come quello per la crisi del debito sovrano. Le banche hanno stretto le condizioni nei confronti di aziende più piccole e rischiose, mentre molte grandi aziende hanno scelto di restituire i finanziamenti che erano stati accumulati in modo precauzionale e a basso costo durante la pandemia.

L’aumento dei tassi

La stretta dei tassi ha pesato nelle scelte aziendali. Il tasso medio delle nuove erogazioni è aumentato in media del 4,1% da luglio 2022, un livello inferiore al +4,5% dei tassi Bce, anche se lievemente superiore alla media nell’Eurozona. La notizia negativa legata ai rimborsi è il limitato interesse delle imprese italiane per gli investimenti che così dovrebbero restare anche nei prossimi mesi un punto debole dell’economia italiana (così come di quella europea).

Nel complesso è diminuito il ricorso delle imprese alle fonti di finanziamento esterne, anche per effetto del rafforzamento della patrimonializzazione. Come indicato nel rapporto di stabilità finanziaria della Banca d’Italia, la leva finanziaria delle aziende (misurata dal rapporto tra i debiti e la somma di debiti e patrimonio netto) si è ridotta dell’1,4%, raggiungendo il 35,3%. Le riserve di liquidità in rapporto al totale delle passività (pari all’11,2% nel 2023) sono scese ma rimangono superiori dell’1,5% rispetto al 2019.

Le prospettive delle aziende

In prospettiva, secondo Bankitalia, «anche un eventuale ulteriore irrigidimento delle condizioni di finanziamento e un indebolimento del quadro macroeconomico inciderebbero in modo contenuto sulla vulnerabilità del settore». Dopo la forte espansione del biennio 2021-22, nel 2023 la redditività delle imprese ha rallentato. Il margine operativo lordo è salito del 5,2% su base annua (dal 15,5 del 2022).

Le previsioni per l’anno in corso sono positive secondo Via Nazionale. I ricavi attesi dalle società non quotate risulterebbero in miglioramento per le imprese. Anche le previsioni degli analisti sulla redditività attesa per le società quotate indicano un andamento più favorevole rispetto al 2023.

I riflessi per gli npl

La capacità di rimborso dei prestiti non ha finora risentito delle condizioni finanziarie avverse. Il tasso di deterioramento si è mantenuto contenuto e in linea con il livello pre-pandemico. Nello scenario macroeconomico di consenso «sembra improbabile che il problema degli npl torni ad assumere dimensioni rilevanti», ha osservato Paolo Angelini, vicedirettore generale della Banca d’Italia, in un’intervista per il numero speciale per i 35 anni di MF.

Angelini ha comunque precisato che «l’incertezza geopolitica è altissima e il quadro previsivo potrebbe peggiorare improvvisamente». Inoltre, ha osservato il vicedirettore generale di Bankitalia, «il problema della rapidità della giustizia civile in Italia, una delle cause strutturali dell’accumulo di crediti deteriorati, non è stato ancora risolto». (riproduzione riservata)

 

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