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1. La tendenza ad introdurre nell’ordinamento procedure di pre-pack si è ormai manifestata da tempo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, oltre che a Singapore, in India, nelle Filippine, e tra gli ordinamenti europei in Spagna ed Olanda[1]. Le procedure di pre-pack sono caratterizzate dalla pianificazione della ristrutturazione prima dell’apertura della procedura, dal supporto di finanziatori esterni all’impresa che sovente intervengono nel capitale e garantiscono finanza nuova per consentire nelle more la prosecuzione dell’attività, dalla previsione non indispensabile, ma normalmente ricorrente, dell’acquisto dell’attività a condizioni date da parte di un soggetto terzo. 

Negli Stati Uniti in origine con il termine pre-pack si intendeva genericamente il caso in cui il debitore nel momento in cui chiedeva alla Bankruptcy Court l’apertura della procedura di reorganization, del Chapter 11, non si avvaleva del termine di legge per presentare il piano, ma già presentava tale piano, che aveva previamente concordato con i creditori o con un comitato informale dei creditori, in genere i creditori di maggior rilievo.  In seguito le ipotesi di pre-pack sono state individuate sempre di più nell’ipotesi che il piano contenesse in sé anche la previsione della cessione d’azienda ad un soggetto terzo, a condizioni previamente concordate, sempre tuttavia con il consenso dei principali creditori. 

E ‘questa oggi la fattispecie cui si fa riferimento quando si parla di pre-pack. Ad esempio un recente documento preparatorio predisposto dal Segretariato del Working Group V dell’Uncitral in ordine ad una bozza di disciplina sulla nozione di “legge applicabile” nell’indicare a quali procedure questa regolamentazione sarà applicabile indica espressamente “the business sale procedure prepared during the amicable phase and subsequently approved by the court during the reorganization or liquidation phase”, cioè la procedura di vendita dell’azienda preparata durante la fase negoziale e successivamente approvata dal giudice nel corso della riorganizzazione o della fase di liquidazione, in altri termini il pre-pack[2] 

La pianificazione della ristrutturazione prima dell’apertura della procedura e la preventiva individuazione dell’acquirente dell’azienda in continuità consentono che la procedura, una volta aperta, si svolga in tempi molto brevi con due vantaggi. Da un lato i creditori vengono soddisfatti rapidamente, dall’altro l’acquirente può contare su tempi certi e non è esposto alle lungaggini processuali, mentre l’avviamento dell’azienda non è disperso. Tuttavia il pre-pack rappresenta un rischio per i creditori perché la vendita ad un soggetto predeterminato al di fuori delle regole previste per la liquidazione in sede concorsuale comporta il rischio che non si realizzi il giusto prezzo e vengano trascurate altre offerte più vantaggiose. Il pre-pack tutela i creditori privilegiati che, grazie alla collocazione preferenziale in sede di riparto, più facilmente possono essere soddisfatti anche quando non viene assicurato il massimo realizzo, che è invece nell’interesse dei creditori chirografari. 

Questi rischi sono evidenti guardando alla realtà americana, dove le Bankruptcy Courts hanno sovente privilegiato il perfezionamento della vendita sacrificando in qualche misura le regole del due process of law[3]. Inoltre il pre-pack rischia, senza adeguati controlli, di favorire la vendita dell’azienda a parti correlate con conseguente pregiudizio per i creditori. 

L’altro rilevante problema che il pre-pack pone, almeno in taluni ordinamenti, è la tutela dei rapporti di lavoro. La disciplina del pre-pack può prevedere deroghe alla disciplina europea in tema di conservazione dei posti di lavoro prevista dalla Direttiva 2001/23/CEE che tutela i lavoratori, assicurando il mantenimento dei loro diritti, in caso di trasferimento d’impresa. 

Va subito detto che la disciplina dettata in diversi ordinamenti, così come quella contenuta nella Proposta di Direttiva, cerca di porre rimedio a queste difficoltà, conciliando la maggior snellezza del pre-pack con misure dirette ad evitare la vendita a parti correlate ed a garantire la competizione e l’individuazione dell’offerta più favorevole, anche tenendo conto della conservazione dei posti di lavoro. 

 

2. Può essere interessante, prima di esaminare il contenuto della Proposta di Direttiva, soffermarsi brevemente sulla disciplina spagnola, come regolata dagli artt. 224 bis e ss. della Ley concursal, come emendata nel 2022[4]. Il legislatore spagnolo prevede anzitutto che il debitore insieme alla domanda di apertura del concorso possa presentare una proposta vincolante di uno o più creditori o di un terzo per l’acquisto dell’azienda o di suoi rami. Va sottolineato che la proposta di apertura del concorso potrebbe anche riguardare una procedura non liquidatoria, ove la cessione di un ramo d’azienda consenta la prosecuzione dell’attività produttiva per la restante parte dell’impresa. 

Nella proposta l’offerente deve obbligarsi a proseguire l’attività per almeno tre anni sotto pena dei danni che qualunque soggetto inciso dall’inadempimento è legittimato a chiedere. Il giudice concede un termine di 15 giorni per le osservazioni dei creditori e la presentazione di altre offerte, anche da parte dei lavoratori riuniti in cooperativa. In caso di pluralità di proposte il giudice concederà un termine per il rilancio e assegnerà la vendita all’offerta più vantaggiosa tenendo conto tra gli altri criteri la garanzia della continuazione dell’attività e la conservazione dei posti di lavoro. 

La cessione d’azienda comporta il subentro del cessionario in tutti i rapporti pendenti secondo principi che sono conformi a quelli vigenti nel nostro ordinamento. 

In alternativa a questa ipotesi gli artt. 224 ter e ss. prevedono un diverso procedimento cui può ricorrere il debitore in caso di insolvenza probabile, di insolvenza imminente o di insolvenza in atto. In questa ipotesi che è il pre-pack vero e proprio, il debitore potrà chiedere al giudice la nomina di un esperto che dovrà sollecitare la presentazione di offerte. La nomina può riguardare sia persone fisiche che giuridiche e rimane riservata. Decorsi due mesi dalla nomina dell’esperto il debitore deve comunque chiedere l’apertura del concorso se l’insolvenza è in atto. 

In tale ipotesi il giudice, se conferma la nomina dell’esperto, lo nomina curatore della procedura. Il termine si applica soltanto nelle ipotesi di insolvenza in atto, con la conseguenza che altrimenti l’individuazione dell’offerente e la vendita possono svolgersi in tempi più lunghi e al di fuori dell’apertura di una procedura concorsuale vera e propria. In tale ipotesi la vendita dell’azienda non deve seguire le regole della procedura concorsuale, anche se ovviamente deve invece rispettare la normativa che si applica alla cessione d’azienda in generale, anche con riferimento alla disciplina lavoristica e fiscale ed alla responsabilità solidale dell’acquirente per i debiti. Ancora in questo caso, secondo l’interpretazione ritenuta preferibile in dottrina, l’atto di alienazione potrà essere oggetto di azione revocatoria se compiuto nell’ambito del periodo sospetto in ipotesi di apertura della procedura concorsuale. Ne deriva la conclusione che la cessione dell’azienda senza che si faccia luogo all’apertura della procedura rimane un’ipotesi di scuola. 

Subito dopo l’entrata in vigore della legge si è aperto un dibattito nella dottrina spagnola sulla questione se, una volta aperto il concorso su istanza del debitore, si debba procedere ad una gara sulla base dell’offerta già individuata dall’esperto come migliore o se la vendita debba riguardare direttamente tale offerta. Pare preferibile questa seconda soluzione perché la disciplina generale delle vendite in caso di apertura del concorso non è stata richiamata dal legislatore e neppure quella dettata dall’art.  224 bis di cui ci siamo prima occupati. Va peraltro detto che si sono registrate interpretazioni di segno opposto. Vi è invece consenso sul fatto che il giudice dovrà verificare che il procedimento svoltosi davanti all’esperto di individuazione dell’offerta migliore abbia rispettato le regole di pubblicità, competitività e individuazione dell’offerta più conveniente. 

La legge non regola le modalità di presentazione delle offerte e le regole che debbono essere seguite, se non precisando che l’offerta deve prevedere il pagamento in contanti. Va però detto che il legislatore spagnolo è intervenuto dopo che il pre-pack era divenuto pratica corrente in importanti tribunali come quello di Barcellona. Esistono quindi prassi che vengono ordinariamente seguite. L’art. 224 septies stabilisce soltanto che l’acquirente deve impegnarsi a proseguire l’attività per almeno due anni. 

 

3. Il codice della crisi ha previsto nella composizione negoziata una possibilità di vendita accelerata dell’azienda dettando alcune regole a garanzia della fairness e della competitivity. L’art. 22, comma 2, lett. d) CCII prevede che il tribunale possa autorizzare l’imprenditore in composizione negoziata a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più dei suoi rami senza che si verifichi la successione dell’acquirente nelle obbligazioni pendenti ai sensi dell’art. 2560 c.c., fermi restando gli obblighi previsti dall’art. 2112 relativamente ai rapporti di lavoro. In tale ipotesi il tribunale detta le disposizioni opportune a tutela degli interessi coinvolti e verifica il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente[5]. 

Nel concordato semplificato l’art. 25 septies CCII dispone che una volta intervenuta l’omologazione, se il piano di liquidazione comprende un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta e alla vendita si applicano gli articoli da 2919 a 2929 c.c. trattandosi di un’ipotesi di esecuzione forzata. Quando il piano di liquidazione prevede che il trasferimento debba essere eseguito prima della omologazione, all’offerta dà esecuzione l’ausiliario, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, con le modalità ora viste, previa autorizzazione del tribunale. 

Tanto nella composizione negoziata che nel concordato semplificato pertanto, a differenza del più complesso sistema previsto dall’art. 90 nel caso di offerte concorrenti nel concordato preventivo, il legislatore consente di dar corso alla vendita dell’azienda in presenza di un’offerta nel rispetto del principio di competitività. Va sottolineata l’evidente differenza tra i due casi: nella composizione negoziata l’imprenditore è in bonis e pertanto può cedere l’azienda anche senza autorizzazione, salvo che non si verificheranno gli effetti protettivi per l’acquirente della purgazione dei debiti pregressi, il che rende tale soluzione puramente teorica. Nel concordato semplificato invece la cessione s’inserisce nella fase liquidatoria, di esecuzione del concordato, e può, eccezionalmente, essere anticipata prima dell’omologazione se così prevede il piano. In entrambi i casi occorre che sia verificato che non vi sono soluzioni migliori sul mercato e dunque la vendita deve avvenire nel rispetto del principio di competitività. 

Composizione negoziata e concordato semplificato consentono dunque, in nuce, l’attuazione di schemi simili a quelli del pre-pack, in ragione dell’evidente convenienza di dar corso alla vendita al più presto nella maggior parte delle situazioni. 

Va poi sottolineato che nel nostro sistema la prosecuzione dell’attività d’impresa tramite la cessione dell’azienda in attività ad un terzo costituisce un’ipotesi di continuità indiretta nell’ambito del concordato preventivo in continuità, e non richiede necessariamente una procedura liquidatoria. La stessa Direttiva Insolvency, pur considerando la cessione a terzi come un caso di liquidazione, ammette questa soluzione[6]. 

Va comunque sottolineato che la cessione d’azienda che intervenga nell’ambito delle varie procedure non liquidatorie comporta, in linea di principio, il rispetto del principio di conservazione dei posti di lavoro. Ciò emerge in maniera evidente dalla disciplina dettata dall’art. 368 CCII. La possibilità che il trasferimento possa riguardare solo una parte dei lavoratori in organico e che, attraverso l’accordo, sia possibile modificare le condizioni di lavoro, è limitata ai ccsi di non continuazione dell’attività o di sua già intervenuta cessazione, perché altrimenti l’art. 368 prevede che la vicenda traslativa, ove conclusa, non abbia effetto sulla continuità giuridica dei rapporti di lavoro. 

 

4. Rispetto ai principi stabiliti dal nostro legislatore la Proposta di Direttiva presenta rilevanti differenze. 

Va subito detto peraltro che la Proposta sta seguendo il suo iter legislativo nell’ambito delle istituzioni europee ed è attualmente all’esame del Parlamento europeo. Tale esame si concluderà certamente dopo le elezioni europee ed occorrerà verificare quale sarà l’atteggiamento delle istituzioni europee, Commissione, Parlamento e Consiglio dei Ministri, che usciranno dalle elezioni. Trattandosi di materie tecniche non si prevede un mutamento radicale di opinioni. Va tuttavia sottolineato, sin d’ora, che il parere espresso dalla Commissione per gli Affari Economici e Monetari il 30.11.2023, diretto alla Commissione per gli Affari Legali e non all’Aula, propone molti emendamenti, tutti diretti a rafforzare la tutela dei rapporti di lavoro. Tra questi va ricordata la salvaguardia di discipline degli Stati membri in materia di pre-pack che dettino un regime più favorevole nella tutela dei posti di lavoro[7] 

La Proposta di Direttiva definisce il pre-pack, come la “procedura di liquidazione accelerata che consente di cedere, in tutto o in parte, l’azienda del debitore in continuità aziendale al miglior offerente, in vista della liquidazione del patrimonio del debitore per effetto dell’accertato insolvenza del debitore”. 

Nella Proposta di Direttiva la Commissione UE propone una disciplina del pre-pack che intende salvaguardare gli interessi dei creditori, almeno nei limiti di quanto essi avrebbero diritto di ottenere in caso di liquidazione piecemeal, e assicurando che alla vendita si giunga attraverso una gara tra i potenziali offerenti[8]. A tal scopo si prevede una vera e propria procedura di pre-pack divisa in una prima fase preparatoria ed una seconda fase liquidatoria. 

La prima fase prevede la nomina su istanza del debitore da parte del giudice competente di un monitor, di un controllore che avrà i requisiti previsti per gli insolvency practitioners, cioè per i soggetti preposti alle procedure concorsuali in ogni Stato membro. Il monitor ha due compiti: raccomandare il miglior offerente come acquirente pre-pack, all’esito di una procedura di vendita competitiva, trasparente, equa e rispettosa degli standard di mercato. Si precisa peraltro che i criteri per scegliere la offerta migliore debbano essere gli stessi adottati nelle procedure concorsuali liquidatorie, in Italia nella liquidazione giudiziale e quindi, con riferimento al nostro sistema, il miglior prezzo a parità delle altre condizioni di vendita. 

Gli emendamenti proposti dalla Commissione per gli Affari Economici e monetari prevedono che la nomina del monitor possa essere sostituita dalla valutazione di un soggetto indipendente[9] che garantisca l’acquisizione del fair market value

La fase preparatoria in caso di probabilità di insolvenza o di insolvenza vera e propria può accompagnarsi alla sospensione delle azioni esecutive secondo le regole dettate dagli artt. 6 e 7 della Direttiva Insolvency, quando essa facilita lo svolgimento della procedura. Se la fase preparatoria produce un’unica offerta, nel rispetto delle regole per mettere tutti i potenziali offerenti in condizione di partecipare, essa sarà considerata corrispondente al prezzo di mercato. 

Gli Stati membri hanno la scelta tra prevedere alti standard di competitività, trasparenza e fairness nell’individuazione del miglior offerente nella fase preparatoria e stabilire che la vendita si effettui nella fase liquidatoria tramite l’asta pubblica. In questo secondo caso l’intero procedimento non può durare più di sei settimane. 

Nella prima ipotesi il monitor deve applicare le regole normalmente seguite nei procedimenti di M&A che comprendono l’invito ai soggetti potenzialmente interessati ad offrire, mettendo a disposizione di ogni possibile offerente le medesime informazioni, la possibilità di procedere alla due diligence, ricevendo le offerte tramite un procedimento strutturato. 

Per evitare che il concorso tra gli offerenti possa essere falsato, la Proposta prevede che il monitor non possa concedere diritti di prelazione e che eventuali prelazioni già esistenti prima dell’avvio del pre-pack non possano essere fatte valere durante lo svolgimento del procedimento. 

Nel caso invece che si opti per la vendita nel corso della fase liquidatoria l’offerta selezionata dal monitor nella fase preparatoria servirà come base d’asta, secondo il sistema, molto usato negli Stati Uniti, dello stalking horse bid. L’espressione stalking horse indicava in origine un cacciatore che cercava di nascondersi dietro un “cavallo da caccia”, vero o finto. Nella sostanza si tratta di selezionare l’offerta base da parte di un acquirente che accetta di far da “lepre”, in modo che la sua offerta possa costituire la base d’asta per la gara successiva. Si tratta di un metodo frequentemente utilizzato nelle procedure di Chapter 11 americane e canadesi[10]. 

Lo stalking horse bidder, l’offerente, potrà essere indennizzato dei costi sostenuti, ma senza che in questo modo gli altri potenziali offerenti possano essere scoraggiati dal partecipare alla vendita all’incanto. 

La Proposta suggerisce un sistema che ha qualche tratto in comune con le esperienze internazionali che abbiamo menzionato ed anche con il meccanismo delle offerte concorrenti disciplinato dal codice della crisi, ma si distingue da quest’ultimo perché rimette al monitor nel corso della fase preparatoria l’individuazione delle condizioni della vendita, secondo i meccanismi ordinariamente seguiti nelle trattative negoziali per le cessioni d’azienda, evitando così che possano confrontarsi offerte con contenuto diverso. La soluzione di tale problema nel sistema italiano delle offerte concorrenti viene rimessa al tribunale, che quando essendo pervenute altre offerte dispone con decreto le modalità di presentazione di offerte irrevocabili, ai sensi dell’art. 90 CCII, deve assicurare che ne sia in ogni caso assicurata la comparabilità. In tal modo al tribunale è rimesso un potere-dovere di conformazione della base della gara, che può portare a condizioni diverse da quelle che erano alla base della prima proposta. Quest’approccio condiziona lo svolgimento della gara, mentre il primo offerente nel caso in cui, indetta la gara, non vengano presentate offerte, rimane vincolato alla proposta originariamente presentata. Tutto ciò rende il procedimento poco appetibile. 

È evidente, nella previsione della Proposta, la delicatezza delle funzioni attribuite al monitor che deve applicare le regole normalmente seguite per la ricerca degli offerenti nelle operazioni di M&A, ivi compresa il rispetto della parità di condizioni tra gli offerenti e la possibilità di due diligence, il tutto nell’ambito di un procedimento strutturato. Per tale ragione sia il monitor sia l’insolvency practitioner sono responsabili per i danni che possono causare ai creditori ed ai terzi nel caso in cui non adempiano correttamente alle loro obbligazioni. 

Alla fase preliminare, che non ha carattere giurisdizionale, segue la fase liquidatoria, che ha le caratteristiche di una vera e propria procedura concorsuale. In essa il giudice nominerà come insolvency practitioner, cioè come professionista preposto alla procedura, lo stesso soggetto che ha già svolto le funzioni di monitor. Nel caso in cui non si debba svolgere la gara, il monitor dovrà confermare che la fase preparatoria si è svolta nel rispetto dei principi che abbiamo sommariamente esposto, ivi compresa l’idoneità dell’offerta a soddisfare il requisito del miglior interesse dei creditori, vale a dire garantire che costoro ricevano di più di quanto avrebbero potuto ottenere nel caso di vendita atomistica dei beni. La Proposta parte infatti dall’assunto che in genere la vendita dell’azienda in continuità è più vantaggiosa, a condizione naturalmente che siano state rispettate le regole per la ricerca del miglior offerente. 

Il giudice, ove condivida l’attestazione del monitor, autorizzerà la vendita. Diversamente la procedura liquidatoria continuerà, presumibilmente, ma la Proposta non lo dichiara espressamente, secondo le regole ordinarie. La graduazione dei crediti e la distribuzione del ricavato si svolgeranno secondo le regole previste per la procedura liquidatoria vigente nello Stato membro. 

La Proposta precisa che durante la fase preparatoria il debitore rimane nel possesso dei suoi beni e può compiere gli atti di ordinaria amministrazione. Non dice invece quale sia il regime cui sottostà il debitore durante la fase liquidatoria e cioè se essa comporti lo spossessamento come nella liquidazione giudiziale o un diverso regime, analogo ad esempio a quello proprio del concordato preventivo. 

Va sottolineato che, come si ricava dalla disciplina della sospensione delle azioni esecutive, la procedura di pre-pack non richiede lo stato di insolvenza, ma può avviarsi anche nel caso in cui vi sia soltanto una probabilità di insolvenza e quindi, nel linguaggio del nostro codice, una situazione di crisi. Ciò potrebbe anche giustificare un regime diverso dallo spossessamento fallimentare. Verosimilmente la scelta in proposito dovrà essere effettuata da ogni Stato membro, tenendo anche conto che la cessione dell’azienda può non rappresentare l’unico cespite oggetto di cessione e che quindi, esaurito il pre-pack, la procedura liquidatoria potrebbe proseguire nelle forme ordinarie, ad esempio per la vendita di un immobile che non faccia parte dell’azienda. 

Per quanto riguarda i contratti pendenti la Proposta prevede che il cessionario subentri nei contratti che sono necessari per la prosecuzione dell’attività e la cui interruzione ne provocherebbe la sospensione. E’ prevista un’eccezione nel caso in cui l’acquirente dell’azienda sia un concorrente del contraente in bonis. Il tribunale può, invece, autorizzare lo scioglimento del contratto quando ciò sia nell’interesse dell’impresa o quando si tratti di un contratto che prevede obbligazioni relative ad un pubblico servizio e l’acquirente dell’azienda non soddisfa i requisiti tecnici e legali previsti per tale tipo di prestazione. 

L’acquirente, salvo suo espresso consenso, succede nell’azienda libera dai debiti pregressi. 

La Proposta prevede ancora che quando sono richiesti finanziamenti interinali, situazione questa che, come si è visto, è molto comune nei casi in cui si debba garantire la prosecuzione dell’impresa in pendenza di uno stato di insolvenza,  il monitor o l’insolvency practitioner si assicurino che il finanziamento sia pattuito al minor costo possibile. Il credito è assistito da prededuzione e può essere oggetto di compensazione con il prezzo della vendita nel caso in cui finanziatore ed offerente coincidano. 

L’intero procedimento sia nella fase preparatoria che in quella liquidatoria deve garantire che i creditori ed i soci dell’impresa debitrice abbiano diritto di comparire davanti al tribunale prima dell’autorizzazione o dell’esecuzione della vendita, salvo il caso che si tratti di creditori o soci che non riceveranno nulla secondo le regole ordinarie di graduazione dei crediti e quindi applicando il principio della priorità assoluta ovvero che si tratti di crediti derivanti da contratti pendenti, sorti prima dell’autorizzazione della vendita dell’azienda, che possono essere soddisfatti interamente in base alle condizioni dell’offerta di acquisto. 

In conclusione il pre-pack si presenta come una procedura vera e propria, articolata nella doppia fase preliminare e liquidatoria propriamente detta, soggetta a controllo giudiziale. Come si è visto, non esiste attualmente nel nostro ordinamento una procedura analoga. 

Va sottolineato che la fase liquidatoria è espressamente considerata una procedura di insolvenza secondo il Regolamento 2015/848 in materia di insolvenza transfrontaliera, con la conseguenza che la sua apertura può far stato in tutto il territorio dell’Unione ed impedire l’apertura di un’altra procedura liquidatoria o di ristrutturazione, fatti salvi ovviamente i rapporti tra procedura principale e procedura secondaria. Va poi aggiunto che anche il monitor che viene nominato nella fase preliminare è considerato un amministratore di procedura di insolvenza o insolvency practitioner ai fini del Regolamento. 

E’ poi estremamente importante la previsione che la fase liquidatoria della procedura di pre-pack sia considerata come un’ipotesi di liquidazione ai sensi dell’art. 5, par.1, della Direttiva 2001/23/EC con la conseguenza che non trova applicazione la regola generale per cui la cessione d’azienda non consente di per se stessa deroga alla prosecuzione dei contratti di lavoro con il cessionario. La Commissione UE ha fatto in questo caso applicazione dei criteri stabiliti dalla Corte di Giustizia con la sentenza Heiploeg[11]. Si tratta, com’è noto, di una decisione resa in una vicenda relativa ad una procedura di pre-pack aperta in Olanda, a dire il vero con caratteristiche peculiari. La Corte di giustizia ha stabilito che la procedura di pre-pack e la procedura concorsuale liquidatoria ordinaria, presa in considerazione dall’art.  5 della Direttiva 2001/23/EC, sono entrambe finalizzate alla liquidazione dell’impresa. Di conseguenza la tutela dei lavoratori dal licenziamento prevista in via generale dalla norma quando non si sia aperta la procedura liquidatoria, non può trovare applicazione anche nel caso di pre-pack. Secondo la Corte a tal fine occorre che: a) il pre-pack sia finalizzato a soddisfare i creditori concorrenti nella maggior misura possibile; b)  miri a mantenere il più possibile l’occupazione; c) sia disciplinato da disposizioni di legge o regolamentari, al fine di soddisfare il requisito della certezza del diritto. 

A questo proposito va segnalato che nel suo parere la Commissione per gli Affari Economici e Monetari del Parlamento europeo ha proposto emendamenti diretti ad assicurare una maggior tutela dei rapporti di lavoro, precisando ad esempio con riferimento alla prosecuzione dei contratti pendenti che le regole dettate in proposito non derogano alla disciplina della Direttiva 2001/23/CEE. 

In virtù della previsione, tra gli emendamenti proposti dalla Commissione, che sia fatta salva la disciplina di maggior favore prevista dagli Stati membri, la più ampia possibilità di trasferimento dell’azienda con riduzione del personale rimarrebbe derogata dall’attuale disposto dell’art. 368 CCII, salvo che l’Italia in sede di recepimento intendesse modificare la propria normativa. 

 

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