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diSilvia M.C. Senette

Un articolo del noto giornale riassume le politiche a sostegno della natalità attuate in Alto Adige, in controtendenza rispetto al resto d’Italia. La primaria di ginecologia di Bressanone: «Ma ora anche noi in calo»

In Italia si fanno sempre meno figli ma c’è un’isola felice. L’Alto Adige ha infatti la fecondità più alta del Paese: 1,51 figli per ogni donna (1,24 la media italiana). Un’anomalia analizzata dal New York Times, che esalta il «modello Alto Adige contro l’inverno demografico in Italia» nell’articolo dal titolo «Ecco perché a Bolzano si fanno più figli». Con l’intento di approfondire «cos’è successo quando questa provincia italiana ha investito sui bambini», il prestigioso quotidiano americano ha scoperto che «il territorio altoatesino ha una fitta rete di sostegno alle famiglie garantita dal governo locale. L’Alto Adige e il suo capoluogo, Bolzano, più di ogni altra parte d’Italia sono emersi come un universo procreativo parallelo, con un tasso di natalità costante da decenni».




















































Agevolazioni oltre i bonus

 Il motivo, secondo gli esperti citati, è che «il governo provinciale ha sviluppato nel tempo una fitta rete di agevolazioni per le famiglie che vanno ben oltre i bonus una tantum per le nascite offerti a livello nazionale. I genitori godono di sconti su asili, prodotti per l’infanzia, generi alimentari, assistenza sanitaria, bollette energetiche, trasporti, attività di doposcuola e campi estivi. La Provincia – scrive il NYT – integra gli stanziamenti statali con centinaia di euro in più a bambino e vanta programmi di assistenza all’infanzia, tra cui uno che certifica gli educatori che trasformano i loro appartamenti in piccoli asili nido». Le Tagesmütter. Questo, secondo gli americani, «contribuisce a liberare le donne dal lavoro»: un aspetto «vitale per l’economia» che accomuna Alto Adige a Francia e Paesi scandinavi. «L’offerta di asilo nido a prezzi accessibili – conclude l’articolo – allontana dall’imminente precipizio demografico».

La natalità

Il pezzo, che cita l’ex assessora provinciale al Sociale Waltraud Deeg («Se non investiamo nelle famiglie non c’è futuro per nessuno di noi»), non nasconde la rilevanza dell’autonomia fiscale e finanziaria della Provincia e un reddito pro capite nettamente sopra la media nazionale, così come un’eccellente qualità della vita certificata ogni anno dalle classifiche. Ma il vicino Trentino, che vanta condizioni simili, ha invece tasso di 1,36 figli per donna: molto più basso dell’Alto Adige e più vicino alla media tricolore.
Recenti dati Istat rivelano, però, che all’ombra delle Dolomiti la natalità è sempre meno marcata: «Si fanno figli sempre più tardi e se ne fanno meno. Il motivo? Troppo benessere». Ne è convinta Sonia Prader, primaria di ginecologia e ostetricia a Bressanone. «Nel 2021 il nostro distretto ha avuto 1.044 parti, poi si è registrato un progressivo e costante calo: 966 nel 2022, 940 nel 2023». «Sento imputare il calo delle nascite a crisi, guerre, all’alto costo della vita – confessa Prader -. Io credo, al contrario, che dove aumenta il tenore di vita si fanno meno bambini. Hanno il sopravvento altre priorità. In Alto Adige c’è troppo benessere e si procrastina l’appuntamento con la maternità. È un peccato, perché non riesco a pensare a un posto migliore in cui allevare un bambino».

Congedo parentale

Contestualmente c’è chi, dal territorio, chiede che si sostenga maggiormente la natalità. «Dieci giorni di congedo parentale per i neo-papà? Cinque mesi, tra gravidanza e maternità, per la puerpera? #nonbasta». È l’hashtag scelto da Aied, Forum Prevenzione Famiglia, associazione Il Melograno e Inca, il patronato altoatesino della Cgil, assieme a 14 altre associazioni del territorio per chiedere più equità di genere in materia di politiche familiari in Alto Adige. «Quello che si sta facendo non è assolutamente sufficiente. L’Italia ha toccato nel 2023 il minimo storico delle nascite e le statistiche evidenziano che anche in Alto Adige, pur sul podio italiano, la tendenza a fare figli ha subito una brusca frenata», spiega Silvia Cavalli de Il Melograno.

Il sindaco di Bolzano e la qualità della vita

Negli anni, in Provincia, ci si è attivati per proporre prospettive positive alle giovani coppie, ma nonostante una serie di fattori favorevoli, a Bolzano il 48% della popolazione è costituita da nuclei monofamiliari: nell’81 erano il 5%. Resta, però, quello che l’Alto Adige ha fatto nei decenni, riassunto nella legge provinciale del 2013 con una politica per le famiglie basata su tre pilastri: un sostegno precoce ai neo-genitori, con finanziamenti ai consultori per famiglie e una rete di aiuto; la conciliazione, che vede i Comuni obbligati a garantire un minimo di posti per la prima infanzia tra Tagesmütter, microstrutture e nido (nel 2009 c’erano 40 microstrutture, nel 2023 erano 116); il sostegno economico alle famiglie per tamponare il brutale caro-vita altoatesino. «Ma è la qualità della vita a fare la differenza – spiega il sindaco del capoluogo, Renzo Caramaschi -. Vale per i nuovi nuclei familiari come per la longevità. Qui si fa movimento, si resta attivi e si mangia meno: nel 2016 a Bolzano portavo i fiori a 7 ultracentenari, oggi sono 54. È chiaro che questo ha un costo in termini di case di riposo, assistenza, badanti, sistema sanitario e sistema sociale: l’abbiamo messo in conto e siamo felici così».

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6 maggio 2024 ( modifica il 6 maggio 2024 | 10:02)

 

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