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Una decisione quella presa da Bellinzona e Coira che potrebbe affossare la cosiddetta tassa sulla salute. Ticino e Grigioni, nel solco di un proverbiale riserbo, come risulta negli ambienti regionali lombardi, hanno risposto picche alla richiesta di Regione Lombardia di avere la lista dei ‘vecchi frontalieri’ (quelli in attività prima del 17 luglio dello scorso anno) che usufruiscono del Servizio sanitario nazionale italiano. Una lista necessaria per consentire a Palazzo Lombardia di dar corso all’applicazione della controversa – contestata dai ‘vecchi frontalieri’, oltre che da una buona parte dei comuni italiani di confine con la Svizzera – ‘tassa sulla salute’.

Tassa prevista dalla Legge italiana di bilancio 2024 e che la giunta presieduta da Attilio Fontana è intenzionata ad applicare dal 1° gennaio 2025 (Regione Piemonte continua a non volerne sapere in quanto la considera ingiusta). Un balzello che sulla base di proiezioni del Ministero delle finanze a ogni frontaliere dovrebbe costare mediamente 2’500 euro all’anno. Solo che senza i dati sensibili (generalità e stipendi percepiti da ogni singolo frontaliero) non si comprende come Regione Lombardia possa calcolare l’entità (che può variare dal 3 al 6% dello stipendio netto) del balzello da far pagare. Per quanto è dato sapere sia Coira che Bellinzona a Regione Lombardia hanno comunicato che “al momento non abbiamo una base legale per fornire i dati richiesti” e che con “Lombardia vogliamo tenere buoni rapporti, ma anche loro devono comprendere le nostri ragioni”. Le buone ragioni sono gli stessi frontalieri, ‘merce’ sempre più rara, contesi sia dalle imprese svizzere che da quelle lombarde.

Autocertificazione?

La ‘tassa sulla salute’ è vista come strumento per arginare la fuga di lavoratori (tutte le categorie e quindi non solo quelli del settore sanitario) verso i cantoni svizzeri di frontiera, Ticino in primis. Se Bellinzona e Coira tengono chiusi in cassaforte i dati sui frontalieri, come se ne esce? “Con una autocertificazione su base volontaria da parte dei frontalieri: una soluzione che dovrebbe essere all’esame dei tecnici di Regione Lombardia – risponde Massimo Mastromarino, presidente dell’Associazione nazionale dei comuni di frontiera, nonché sindaco di Lavena Ponte Tresa –. Quanto sta accadendo in questi giorni è, come andiamo sostenendo da tempo, la conferma che la ‘tassa sulla salute’ oltre che iniqua in quanto i vecchi frontalieri già versano contributi al Servizio sanitario nazionale, attraverso le trattenute pagate in Svizzera, che poi vengono dirottate in Italia attraverso i ristorni, è ingiusta: un lavoratore non può pagare due volte un diritto sancito dalla Costituzione. Cioè il diritto alla salute”.

Un argine alla fuga di medici e infermieri verso la Svizzera

La tassa in questione è stata introdotta dal governo Meloni per finanziare in prima battuta il Servizio sanitario nazionale che in Italia fa acqua da tutte le parti. Nelle intenzioni del legislatore c’è che una quota del gettito che deriverà dalla ‘tassa sulla salute’ (non si hanno previsioni) sarà destinata a finanziare un bonus a favore del personale sanitario in servizio nelle strutture ospedaliere pubbliche della fascia di confine. Una sorta di argine alla fuga di medici e infermieri verso la Svizzera. Nel frattempo sono saliti a una ottantina i consigli comunali di altrettanti Comuni lombardi e una decina del Vco (Verbano-Cusio-Ossola) che hanno approvato l’ordine del giorno inviato nei mesi scorsi dall’Associazione nazionale dei comuni di frontiera per chiedere al governo Meloni di revocare la ‘tassa sulla salute’ e di convocare al più presto la “Commissione mista” (oltre ai ministeri competenti, anche i sindacati dei frontalieri e la rappresentanza dei comuni di frontiera) al fine di “risolvere per via amichevole qualsiasi questione inerente all’interpretazione o all’applicazione” del nuovo accordo tra Italia e Svizzera sulla fiscalità dei frontalieri. Una richiesta scaturita anche dal fatto che i cantoni Ticino, Vallese e Grigioni hanno rimosso 71 comuni italiani dall’elenco dei comuni di frontiera a svantaggio di migliaia di frontalieri: esclusi pertanto dal regime transitorio previsto dall’accordo, dovrebbero pagare le tasse in Italia. Sulla ‘tassa della salute’ sono attese a giorni novità anche dal mondo sindacale, che hanno incaricato alcuni giuristi di valutare l’esistenza o meno di rilievi di costituzionalità. Si parla con insistenza di un possibile ricorso alla Corte Costituzionale.

 

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