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La Banca d’Italia torna a fare il punto sui prestiti a famiglie e imprese con il Rapporto sulla stabilità finanziaria, nel quale esamina l’andamento delle erogazioni, il costo dei finanziamenti, i tassi di default, fornendo delle proiezioni sui rischi legati al rimborso del credito.

I prestiti alle famiglie: crescita azzerata e tassi stabilizzati

Nel corso del 2023 la crescita dei prestiti alle famiglie da parte di banche e società finanziarie si è progressivamente attenuata, fino ad azzerarsi; con riferimento ai dati più recenti, a febbraio del 2024 il credito bancario si è ridotto dello 0,5%. Il rapporto tra debiti finanziari e reddito disponibile è ulteriormente diminuito (58,6%, il minimo da giugno del 2009) e rimane particolarmente contenuto rispetto alla media dell’area dell’euro (89,1 nel terzo trimestre dello scorso anno).

Il tasso di interesse medio sui prestiti in essere per l’acquisto di abitazioni ha continuato a crescere fino al terzo trimestre del 2023, per poi mantenersi stabile (al 3,1% a febbraio del 2024, dal 2,3% a dicembre del 2022). A partire dagli ultimi mesi dello scorso anno il costo dei nuovi mutui a tasso variabile si è stabilizzato attorno al 5% e quello dei mutui a tasso fisso si è ridotto (al 3,6%, dal 4% dello scorso settembre). In linea con l’ampliamento di questo differenziale, nel 2023 oltre il 60% dei mutui erogati è stato a tasso fisso (49,6% nell’area dell’euro), confermando la propensione delle famiglie italiane a scegliere il tipo di prestito che garantisce rate iniziali più basse. La quota di mutui a tasso fisso era pari ai due terzi delle consistenze complessive a dicembre del 2023.

Credito al consumo, in Italia incidenza sul reddito superiore alla media Ue

Il credito al consumo ha continuato a espandersi a un ritmo sostenuto alla fine del 2023 (5,6%); la sua incidenza sul reddito disponibile è pari al 12,5%, un valore superiore rispetto alla media dell’area dell’euro (9% per cento nel terzo trimestre). I prestiti finalizzati hanno contribuito in misura maggiore alla dinamica positiva, “riflettendo soprattutto l’incremento degli importi medi dei finanziamenti per l’acquisto di veicoli; la componente non finalizzata ha invece rallentato, ad eccezione delle carte di credito a rimborso rateale (carte revolving) che sono cresciute dopo circa un quinquennio di contrazione. Il costo complessivo dei nuovi prestiti (espresso dal tasso annuo effettivo globale, TAEG) è salito ulteriormente (al 10,6% a febbraio del 2024) ed è più elevato di quello medio dell’area (8,6%)”, precisa il report della Bancad’Italia.

Tasso di deterioramento dei finanziamenti alle famiglie

La qualità del credito alle famiglie resta complessivamente buona. Il tasso di ingresso in default dei prestiti era pari allo 0,9% a dicembre scorso, dallo 0,8 del secondo trimestre del 2023. I mutui a tasso variabile hanno subito un deterioramento poco più marcato e nel corso del 2023 la quota di famiglie con almeno una rata in ritardo è leggermente aumentata, sebbene si mantenga inferiore alla media degli ultimi dieci anni. Il tasso di deterioramento del credito al consumo è rimasto stabile (al 2,4%) e più contenuto per i prestiti finalizzati (1,3%, a fronte del 3% per quelli non finalizzati).

Le proiezioni sui nuclei finanziari fragili

Secondo le proiezioni del modello di microsimulazione della Banca d’Italia, nel corso del 2024 la quota di nuclei finanziariamente fragili resterebbe stabile al 2,2%. Il loro debito si ridurrebbe fino al 7,5%, anche per effetto della contrazione dei mutui e della crescita del reddito previste per i prossimi mesi. In presenza di uno scenario particolarmente avverso, la quota di debito detenuto dalle famiglie vulnerabili aumenterebbe in misura contenuta (8%).

Prestiti alle imprese, condizioni generali allentati nel IV trimestre 2023, soprattutto per i prenditori meno rischiosi

Dall’avvio della restrizione monetaria le imprese italiane hanno mostrato ampi margini di resilienza. La scadenza media delle passività finanziarie più lunga rispetto al passato (cfr. Rapporto sulla stabilità finanziaria, 1, 2023) e la tenuta della domanda aggregata hanno mitigato i possibili effetti negativi del rialzo dei tassi sulla capacità di rimborso dei debiti. In prospettiva, anche un eventuale ulteriore irrigidimento delle condizioni di finanziamento e un indebolimento del quadro macroeconomico inciderebbero in modo contenuto sulla vulnerabilità del settore.

In linea con il calo del fabbisogno finanziario, dovuto al rallentamento degli investimenti fissi e delle scorte (cfr. Bollettino economico, 2, 2024), è diminuito il ricorso alle fonti di finanziamento esterne. La leva finanziaria delle aziende (misurata dal rapporto tra i debiti finanziari e la somma degli stessi con il patrimonio netto valutato ai prezzi di mercato) si è ridotta di 1,4 punti percentuali, raggiungendo il 35,3 per cento. Al miglioramento hanno contribuito sia il calo dei debiti bancari sia il rafforzamento della patrimonializzazione. Al netto della liquidità, la leva è diminuita di 4,7 punti percentuali rispetto al livello pre-pandemico, una riduzione superiore a quella media dei paesi dell’area dell’euro.

Le riserve di liquidità in rapporto ai debiti finanziari (pari all’11,2% nel 2023) hanno subito un’ulteriore contrazione, ma rimangono superiori di 1,5 punti percentuali rispetto al 2019.

Il calo dei prestiti, pur interessando tutte le classi dimensionali e di rischio, è stato particolarmente intenso tra le aziende più rischiose: “dall’avvio della normalizzazione monetaria, la contrazione dei finanziamenti per queste imprese è stata circa il doppio rispetto a quella media”.

Nonostante la maggiore percezione del rischio da parte degli intermediari, i termini e le condizioni generali dei prestiti sono stati allentati nel quarto trimestre del 2023, soprattutto per i prenditori meno rischiosi. Tra le imprese più piccole (fino a 49 occupati) è invece tornata a crescere la quota di quelle che non ha visto accolta la propria richiesta di finanziamento.

Il tasso medio applicato alle nuove erogazioni – esclusi i finanziamenti in conto corrente – è salito di 4,1 punti percentuali dall’avvio del primo rialzo dei tassi ufficiali (luglio del 2022); “l’incremento, sebbene lievemente superiore a quello osservato per la media dei paesi dell’area, rimane inferiore all’aumento dei tassi ufficiali”. L’esposizione al rischio di rialzo dei tassi di interesse, collegata alla maggiore diffusione di finanziamenti a tasso variabile, è più frequente tra le imprese grandi. La capacità di rimborso dei prestiti non ha risentito delle condizioni finanziarie avverse: nell’ultimo trimestre del 2023 il tasso di deterioramento si è mantenuto contenuto e in linea con il livello pre-pandemico; questa tendenza è proseguita anche nei primi mesi del 2024.

Le proiezioni sulle imprese vulnerabili

Sulla base delle più recenti previsioni macroeconomiche, si stima che la quota di imprese vulnerabili e l’incidenza del debito da queste detenuto sul totale aumenterebbero rispettivamente di 0,4 e di 0,2 punti percentuali, portandosi al 24,9% e al 31 nel 2024. Tra le imprese vulnerabili è aumentato il peso di quelle con maggiori difficoltà a ripagare i debiti per un’incidenza degli oneri finanziari sul Mol superiore al 50%; dall’avvio del rialzo dei tassi di interesse il debito ad esse riconducibile aumenterebbe di oltre 5 punti percentuali alla fine di quest’anno, al 16,8%, livello superiore di circa 2 punti percentuali nel confronto con il periodo pre-pandemico.

 

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