Malumori e giro di telefonate. L’intervista del sindaco Matteo Lepore fa storcere il naso a diverse persone in viale Aldo Moro, perché il primo cittadino entra a piè pari nella delicata partita del post Bonaccini, dettando tempi e modi. Evocando la prodiana Fabbrica del Programma. E alludendo per giunta a un diritto di precedenza di Bologna (che non ha un presidente di Regione dai tempi di Enrico Boselli, era il 1990) che suona come un avvertimento ai tanti aspiranti candidati romagnoli. Per questo il Pd regionale guidato da Luigi Tosiani prova a correre ai ripari: si fa una direzione sul tema entro il 15 maggio. Lì si decide il percorso verso le elezioni, che guiderà il Pd.
Un modo per rimettere in carreggiata la discussione, che rischiava di deragliare. L’assessore ai Trasporti Andrea Corsini, ravennate, rivendica infatti subito il lavoro fatto di fronte alle richieste di «ascolto e coraggio» che arrivano da Palazzo d’Accursio: «La nostra giunta ha ascoltato come nessun altra. E di coraggio ne abbiamo avuto molto, dai vaccini obbligatori al fine vita».
Si discute a taccuini chiusi del sindaco di Bologna che punta i piedi, tra chi sospetta che voglia mettersi in campo in prima persona, checché ne dica ora, e chi si domanda perché rischiare di far impazzire la maionese durante la campagna europea. Tace Stefano Bonaccini, che i più danno irritato dalla situazione. Sorride invece la prodiana Sandra Zampa, che conferma il buon rapporto tra Lepore e il Professore e benedice la nuova fabbrica: «Vorrei che venisse dedicata alla memoria di Giulio Santagata».
Alla fine, tocca al sindaco di Ravenna Michele De Pascale, romagnolo e bonaccininano doc in testa alla lista dei pretendenti, sdrammatizzare: «Mi auguro che dopo dieci anni di ottimo lavoro di Stefano si voglia aprire in Emilia-Romagna un dibattito serio sul futuro della nostra regione, compreso, come ha detto Lepore, il rapporto strategico fra il capoluogo Bologna e tutti i suoi territori, con pieno coinvolgimento sia della Romagna che dell’Emilia. Le esperienze di governo di molte città,hanno la credibilità per chiedere a tutta la società regionale di dare un contributo».
Guai però a fare delle regionali un terreno di scontro tra correnti: «Il riformismo di questa terra non è un’etichetta da mettere su una corrente, ma è la capacità di leggere i problemi delle persone e delle imprese, e di fare proposte che siano radicali e concrete allo stesso tempo». Proprio questa diventa alla fine la posizione prevalente: si decide tutti insieme, Bologna con il resto della regione. E gli aspiranti candidati restano tutti al loro posto. Vincenzo Colla, ben piazzato, Irene Priolo, che guiderà la Regione fino al voto, ed Elisabetta Gualmini da Bruxelles. Oltre a Graziano Delrio, più interessato alla partita di quel che ha dichiarato finora secondo molti. La road map la decide il Pd in direzione. E se non si trovasse una quadra, ci sono sempre le primarie. Qualcuno in segreteria regionale le ha già evocate. Ed è pronto a rifarlo.
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