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Ecatombe di imprese col l’ennesimo annuncio di Giorgetti.

Il 110 non doveva essere fatto così.

4 anni fa ho inviato una nota al presidente di Enea e al presidente della Commissione Finanze della Camera per dire alcune cose:

2. Non si può creare una convergenza di interesse fra chi vende e chi compra.

3. Non ci può essere finanza pubblica a sufficienza se dici agli italiani che lo stato ristruttura le case gratis.

4. Non bisogna coinvolgere le banche perché così si crea una moneta parallela.

5. Bisogna stare nel vecchio schema, con la cessione del credito possibile solo fra la filiera delle aziende impegnate nella singola opera.

Mi fu risposto che avevo ragione ma che il Governo Conte non sarebbe tornato indietro.

Quel che è successo è evidente a tuttI. Ma non tutto è chiaro a tutti.

Andiamo per ordine.

Chi ha guadagnato di più col 110?

Numeri sorprendenti che Giorgetti fa finta di ignorare.

Dati Cresme su numeri di Enea e Agenzia delle Entrate.

Alle imprese edili sono andate il 21.8% delle risorse.

Ai professionisti il 13. Alle Banche il 13. Alle manifatture il 18.2.

Allo Stato il 34%. Come ritorno di tasse.

Chi paga adesso le restrizioni, sino ai fallimenti, in moltissimi casi? Le aziende.

Perché Giorgetti è responsabile, al pari di Conte.

Il Governo Draghi, nel quale Giorgetti ha avuto un ruolo fondamentale, si accorge dei rischi per il bilancio pubblico. Cosa fa?

Doveva fare una cosa semplice, abbassare il 110 al 90, anche all’80.

Tutto si sarebbe automaticamente ridimensionato. Se il committente deve pagare non si fanno i lavori.

Secondo i nostri calcoli, per esperienza sul campo, con l’80, non ci sarebbe stata l’impennata del 2022 e, soprattutto, del 2023.

Invece che cosa fa Draghi? Butta sabbia negli ingranaggi. Blocca la cessione dei crediti con Poste e Cassa Depositi e Prestiti e l’Agenzia delle Entrate, burocratizzando ulteriormente le procedure. Le banche capiscono l’antifona e bloccano tutto.

Brusca frenata. Tutta sulle spalle delle aziende, che si ritrovano in pancia crediti che diventano carta straccia. Non potendo cambiare i contratti, per cambio di norma, tutto pesa sulle loro spalle.

Arriva il Governo Meloni, Giorgetti Ministro dell’economia, e fa quel che non deve mai esser fatto: annuncia una restrizione e poi dà del tempo alle imprese per fare le Cilas per avvio lavori.

Così si crea l’effetto Cilas al 110 nei cassetti.

Le imprese e i professionisti già in difficoltà per i crediti non liquidabili cercano di avviare più Cilas possibili per recuperare fatturato e margini per ammortizzare il peso dei crediti in pancia.

Questo il principale motivo dell’impennata del 2023 e del deficit attuale.

Sarebbe già stato sufficiente lasciare le cose come stavano, con una descalation 90/70/65 e tutto si sarebbe sgonfiato.

Poi Giorgetti cambia ancora.

Azzera del tutto cessione dei crediti e sconto in fattura. Salta il 70/100. E va bene.

Rimangono zone dei terremoti e Onlus.

Senza il 110 non si può fare nemmeno un’opera.

Perché il contributo pubblico dello stato a fondo perduto non copre più del 70 o 80 per cento dei costi.

Si accorgono dell’enormità dell’errore e vengono salvate le opere dove già è avviato un titolo edilizio più 400 milioni per i nuovi.

Solo terremoto e onlus.

Adesso una nuova restrizione alle porte. Sembra.

I crediti che oggi sono recuperabili a 4 o 5 anni, Giorgetti annuncia di volerli portare a 10 anni.

Ancora una volta a lavori in corso.

A progetti già fatti. A contratti già avviati.

Questo è quel che sembra.

Se fosse anche retroattivo sarebbe una catastrofe per migliaia di aziende.

Inoltre, col passaggio da 4/5 a 10 anni nessun lavoro per aree del terremoto e Onlus potrà essere fatto.

I costi finanziari diventano esorbitanti, incidono per circa 30 punti su 110. Impossibile.

Pagano ancora le aziende.

E nelle aree dei terremoti rimarranno macerie.

Le imprese diventeranno macerie.

E già abbiamo casi disperati.

Con fallimenti e suicidi. Si suicidi.

Almeno fermiamo l’ultimo errore.



 

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