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La notizia di questa settimana è senza dubbio l’intervento di Banca d’Italia in tema di Superbonus e di cessione dei crediti edilizi. L’Istituto centrale ha detto chiaramente che nel caso in cui dovessero fallire i nuovi provvedimenti del Governo, varati per porre un freno agli effetti negativi del Superbonus, occorrerà necessariamente introdurre uno stop, senza deroghe, all’applicazione dell’agevolazione prima che intervenga la scadenza naturale.

L’intervento della Banca centrale si presta a diverse letture. Una prima lettura è senza dubbio una promozione delle ultime azioni del Governo che nei fatti ha posto un blocco, abbastanza rigido, alla possibilità di fruire del Superbonus bloccando di fatto ogni possibilità di cessione dei crediti e limitando al massimo la possibilità di accedervi per il futuro. Una seconda lettura, che va oltre la prima, non esclude che l’intervento del Governo, seppur da promuovere, possa dimostrarsi inefficace o, comunque, non in grado di porre un freno a una misura che è andata oltre le intenzioni iniziali tanto da mettere in discussione gli effetti positivi che doveva indurre. In un altro intervento, in cui si commentava il varo del Def, avevamo ipotizzato che l’azione del Governo, non solo in questo ambito, fosse “rallentata” dall’appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo e l’intervento di Bankitalia sembra confermarlo.

Se a proporre il possibile blocco definitivo della misura non fosse l’Istituto centrale si potrebbe pensare che l’intervento sia una “iniziativa politica” che vuole mettere in difficoltà il Governo. In realtà, poiché l’iniziativa viene da Banca d’Italia, può essere letta come una proposta sulla quale costruire la condivisione di tutte le forze politiche per mettersi alle spalle un intervento i cui effetti negativi sono stati sottovalutati sin dalla sua introduzione. Che possa essere questo lo scopo della proposta di Banca d’Italia lo si può desumere dal dibattito che è scaturito all’intervento e formalizzato nelle proposte bipartisan presentate in questi giorni in commissione Finanze del Senato. Le proposte, provenienti da tutte le forze politiche, vanno da una diluizione in 10 o anche 15 anni delle detrazioni, alla compartecipazione dei Comuni ai risultati delle attività di controllo da fare sui cantieri ancora aperti o anche di quelli chiusi, ecc.

Far diventare bipartisan la lotta agli eccessi del Superbonus, ma più in generale della cessione dei crediti edilizi, può costituire la strada perché tutti ne possano uscire vincitori senza che vi sano sconfitti. Non va dimenticato, infatti, che tutte o quasi tutte le forze politiche al momento del varo dell’agevolazione ne hanno cavalcato l’introduzione forse perché i dati a disposizione erano sbagliati o parziali.

Purtroppo siamo troppo vicini a un’importante tornata elettorale perché qualcuno possa permettersi di apparire superficiale nell’avanzare proposte. Le decisioni veramente importanti, dunque, sono rimandate al dopo elezioni.

Per il futuro sul tavolo c’è da programmare la Direttiva green voluta dall’Unione europea che dovrà favorire il miglioramento dell’efficienza energetica del nostro patrimonio edilizio. Il tema non è banale poiché le risorse finanziarie necessarie sono ingenti e il buco nei conti dello Stato provocato dal Superbonus non sarà facile da superare.

Servono, dunque, proposte e interventi che favoriscano l’attuazione della Direttiva. Anche qui si potrebbe imparare da esperienze del passato. Facciamo riferimento agli incentivi erogati alle aziende per gli interventi nelle aree depresse. Nella fase iniziale l’intervento prevedeva unicamente l’erogazione di incentivi a fondo perduto e questo fino alla modifica dell’intervento. Gli ultimi bandi, infatti, introdussero, proprio per arginare gli abusi, la possibilità di ricevere, a fronte di un programma di investimenti, oltre al fondo perduto anche un finanziamento a un tasso ridotto da rimborsare a medio lungo termine. La previsione serviva per responsabilizzare gli imprenditori che nei fatti dovendo rimborsare parte di quanto ricevuto ponevano maggiore attenzione alla programmazione degli investimenti. Il rimborso consentiva di raggiungere anche un altro risultato ovvero quello di ricostituire le risorse a disposizione ponendo così le basi per interventi futuri che si potessero autoalimentare.

Per l’attuazione della Direttiva green, dunque, si potrebbe agire allo stesso modo erogando un mix di incentivi a fondo perduto e di prestiti agevolati. Così operando si favorirebbero gli interventi di efficientamento, ma si garantirebbe, attraverso la restituzione, anche la formazione di un fondo che si possa autoalimentare. Non è da escludere un intervento fiscale che a fronte del vantaggio di mantenere il valore del patrimonio edilizio realizzi una compartecipazione delle finanze pubbliche al momento in cui si passa all’incasso.

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