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diPietro Gorlani

L’aumentata produzione di energia idroelettrica contribuisce all’abbassamento del prezzo unico dell’energia nazionale, oggi sceso a 8,7 centesimi di euro al chilowattora, sei volte meno del picco toccato nell’agosto 2022

L’abbondante pioggia scesa da inizio anno sta ricaricando le falde e riempiendo le dighe idroelettriche montane, facendo sorridere contemporaneamente agricoltori e comparto industriale. Già, perché anche l’aumentata produzione di energia idroelettrica contribuisce all’abbassamento del Pun — il prezzo unico dell’energia nazionale —, oggi sceso a 8,7 centesimi di euro al chilowattora, sei volte meno del picco toccato nell’agosto 2022 (0,543 euro al Kwh), quando gli effetti della guerra in Ucraina e le relative speculazioni internazionali sul gas misero a dura prova i portafogli di famiglie e imprese.

L’anomalo colpo di coda d’inverno registrato in questi giorni ha scaricato sulla provincia decine di millimetri di pioggia (e di neve in alta quota): quasi mezzo metro da inizio anno, un quantitativo pari a quello caduto nella Bassa e in Valcamonica durante l’anno più siccitoso di sempre, il 2022. E guarda caso il 2022 è stato l’anno con la produzione più bassa di energia idroelettrica. «La siccità record del 2022 ha determinato una produzione lorda idroelettrica nazionale di 30,3 Terawattora, significativamente inferiore della media del decennio 2012-2021 (48,4 TWh)» ha ricordato Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A, nel settembre scorso a Cernobbio al The European house-Ambrosetti. 




















































Un anno terribile il 2022, che «ha messo a rischio la prima fonte energetica rinnovabile nel nostro Paese, il cui contributo medio nel periodo 2012-2021 vale il 42% della produzione da fonti rinnovabili in Italia» aggiunse Mazzoncini fornendo un dato esplicativo: per compensare quella perdita di energia sarebbero stati necessari 4 milioni di pannelli fotovoltaici. Nel 2023 la produzione di energia idroelettrica è tornata a crescere: A2A, secondo produttore di idroelettrico in Italia con quasi 2mila Megawatt di potenza installata (di cui 1200 Mw in Valtellina, 484 in Calabria, 235 in Friuli Venezia Giulia e 11 in Valcamonica) ha infatti messo a segno un +37,2%. 

Non ci sono ancora dati per il primo trimestre 2024 ma stando alla pioggia già scesa (e alla neve, che si scioglierà nelle prossime settimane garantendo un apporto importantissimo nei mesi pre-estivi) tutto fa pensare che la produzione annua di energia idroelettrica in provincia si aggirerà intorno ai 3 miliardi di kilowattora, ovvero 3mila Gigawattora. Certo, va ricordato che la provincia di Brescia produce solo un terzo dell’energia elettrica che consuma. Ma questa energia è tutta green. La prima fonte è l’idroelettrico, che vale il 12% della quota nazionale (Brescia è la seconda provincia produttrice dopo quella di Sondrio). L’energia idroelettrica è prodotta dai 2o grandi impianti presenti in montagna (300 Mw di potenza installata) e dalle 300 mini centraline installate lungo fiumi e torrenti. 

Ci sono poi 50mila impianti fotovoltaici, un numero che si è raddoppiato dal 2017 ad oggi (grazie anche agli incentivi del Superbonus in vigore dal luglio 2020). Il Gse ha quantificato in 617 Gigawattora la produzione di energia elettrica bresciana da fotovoltaico ma — visto che l’installazione di impianti prosegue a ritmo accelerato — è ragionevole stimare che ad oggi nel Bresciano si producano almeno 700 GWh l’anno (e a breve si arriverà ad un TWh). Ci sono poi i 110 impianti biogas disseminati nella Bassa che trasformano i reflui in gas, bruciato per produrre energia elettrica (la stima è di 800 GWh l’anno) ed infine i 200 GWh elettrici prodotti dall’inceneritore di Brescia, alimentato dai rifiuti urbani provenienti da tutta Italia (700 mila tonnellate l’anno, in gran parte trasformati in energia termica per il teleriscaldamento cittadino).

La provincia di Brescia importa i due terzi dell’energia che consuma: con la richiesta di 13 miliardi di Kilowattora l’anno è le più energivore d’Italia. Il motivo è semplice: la massiccia presenza d’industrie, che assorbono il 60% dell’energia consumata (il comparto siderurgico necessita di tanta energia per i forni). L’inizio d’anno piovoso non deve però in alcun modo essere alibi per i negazionisti climatici: la temperatura media registrata in provincia negli ultimi 13 anni è ben al di sopra dei limiti fissati dagli accordi di Parigi: si è passati dalla media di 13 gradi centigradi del 2010 ai 15,68 gradi del 2023, con un aumento record di 2,7 gradi. Le ondate di calore sono cresciute in modo significativo, i giorni di pioggia si sono dimezzati, passando dai 148 del 2010 ai 69 del 2023. Del resto basta ricordarsi delle temperature medie di marzo, il più caldo mai registrato.

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24 aprile 2024

 

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