Per la lista “Lavagna Insieme” un’occasione, quella data dall’assemblea pubblica “Il futuro del Porto di Lavagna. Facciamo chiarezza. Proposte per restituire il porto alla città”, svoltasi questa mattina a Lavagna presso l’Auditorium Campodonico, di esporre la propria visione di una gestione pubblica dello scalo cittadino, contrapposta a quanto deciso dalla maggioranza uscente, che sulla base di un project financing individuerà il prossimo concessionario tramite una gara europea indetta da Regione Liguria.
Relatori dell’assemblea, moderata dal candidato sindaco di “Lavagna Insieme”, Claudio Lapetina, Massimiliano Salini (europarlamentare di Forza Italia); Roberto Traversi (onorevole Movimento Cinque Stelle); Valentina Ghio (onorevole Partito Democratico); Luca Garibaldi (Capogruppo regionale Partito Democratico). Inoltre, la riflessione è stata arricchita dalle analisi dal punto di vista legale degli avvocati Michele Nannei e Giuseppe Giannì, e dal contributo del cnsigliere comunale Daniele Di Martino.
“Il porto di Lavagna è inviso a tutti i lavagnesi per un motivo o per l’altro. Si differenzia dagli altri per le sue dimensioni, è uno dei più grandi di Italia ed Europa: con i suoi 1500 posti barca è fonte di lavoro e di ricchezza”, ha introdotto Lapetina.
Qual è la differenza tra un porto in house e un porto gestito da privati. E cosa può fare un sindaco di un comune in dissesto? Queste le domande rivolte da Lapetina all’avvocato Giuseppe Giannì. “Il comune di Lavagna finanziariamente è un malato. Il dissesto si può verificare che, come in una famiglia, si spesa più di quello che di guadagna. Ma a Lavagna non è accaduto questo: qui si è arrivati al dissesto a causa di sentenze di condanna nei confronti dell’amministrazione comunale, citata in giudizio dal privato per non aver adempiuto agli obblighi contrattuali – spiega l’avvocato -. Stando alla revisione del revisore, degli 11 milioni di passività 5 derivano da crediti vantati dal comune nei confronti degli operatori del porto. Nel bando della procedura di rinnovo della concessione si avvertono soggetti istituzionali e operatori di settore che il futuro concessionario si dovrà fare carico dei debiti. L’Organismo Straordinario di Liquidazione ha individuato i debiti da pagare attraverso l’accensione di mutui, e questo influenza le spese che l’ente può fare e i servizi che può dare. Per quanto riguarda il porto, non di tratta di un’opportunità persa: è stata fatta una gara di progetto per individuare il concessionario. Ebbene, questa procedura non è corretta: c’è un bene pubblico e attorno ad esso si deve trarre ricchezza per la collettività. Il Fondo 2i non ha capacità tecnica, verrà costituita una società di scopo”.
Il secondo intervento è stato dell’onorevole Ghio: “Condivido l’idea di iniziare la campagna elettorale dal porto. Gli scali turistici sono una vetrina per la comunità e per il suo sviluppo, anche in termini di transizione ecologica. Ecco perché è fondamentale che i processi decisionali restino in mano all’ente pubblico, potendo avere sempre voce in capitolo. Perché altrimenti il porto di Lavagna rimarrà sconnesso dalla città e dal suo futuro . In questi ultimi cinque anni è mancato un confronto con i cittadini improntato a legalità e trasparenza. Oltre ad un’idea di sviluppo, per agire sul futuro del porto occorre un modello di tutela dei suoi lavoratori e di gestione ambientale. Lavagna è ancora in tempo per decidere un modello di gestione del porto e di sviluppo della città, che dia un ritorno duraturo ai lavagnesi. Con Claudio Lapetina siamo sulla strada giusta”.
Il consigliere Di Martino ha spiegato cosa è successo in Consiglio: “tutto è partito dalla manifestazione d’interesse avanzata da due soggetti. La proposta scelta è stata quella del Fondo 2i, che di occupa di recupero crediti ma non ha, com’è stato detto, capacità tecnica. Era stata costituita una commissione specifica sul porto, che però di fatto non serviva allo scopo perché non era chiaro l’iter, le proposte delle opposizioni non sono mai state discusse. Questo il motivo per cui ci siamo dimessi. Di fronte alla velocità con cui è stato gestita l’operazione e scelto da una società esterna il project financing noi dell’opposizione abbiamo abbandonato l’ultima seduta del consiglio. Sulla base dei numeri (80 milioni di investimento per i prossimi cinquant’anni) pare chiaro che i profitti che incassare il concessionario saranno di gran lunga superiori all’entrate nelle casse comunali; così come nel caso dei lavori sulla piastra e delle piste ciclabili”.
L’avvocato Nannei getta sul tavolo la questione delle gestione in house. Ma è possibile per un comune in dissesto? “Primo elemento, secondo il codice della navigazione il bene può essere restituito all’ente pubblico se previsto dalla concessione. La concessione in questo caso stabilisce che il comune può riavere in porto se in buono stato, cioè funzionale. Secondo elemento, la società in house non è una chimera: i parcheggi di Chiavari sono gestiti così, lo stesso il porto di Portofino. Perché a Lavagna non si può? La società in house è una società di capitali le cui quote sono del comune ma i cui dipendenti non sono del comune. Perché ciò sia fattibile in presenza di uno stato di dissesto occorre chiedere il parere della Corte dei Conti, a fronte della considerazione dei servizi portuali come servizi pubblici essenziali fatta dal Tar proprio nel caso di Portofino. Vale la pena ragionare su questa possibilità, non è il caso di far perdere al comune 11 milioni annui di potenziali entrate derivanti dal porto”.
La Regione ha un ruolo nella procedura di affidamento della gestione del porto di Lavagna? A questo ha risposto il capogruppo regionale dem Luca Garibaldi: “Non c’è mai stato un confronto con la Regione da parte del comune; la Regione farà da spettatore. Nelle altre regioni i comuni in dissesto si fanno aiutare dagli enti superiori. Si può mettere la città nelle condizioni in cui investe: queste condizioni non saranno garantite dal piano di gestione deciso dall’amministrazione uscente, che vuole procedere di fretta adducendo come unica motivazione lo stato di dissesto. È grave anche il mancato confronto con gli operatori del settore e con gli altri comuni del territorio. L’amministrazione ha deciso di agire da sola, senza coinvolgere nessuno”.
Hanno chiuso l’incontro gli interventi di Lilli Lauro, consigliera regionale di maggioranza – “Sapere che quello che ha fatto il sindaco Viacava a Portofino è da imitare mi rende orgogliosa. Dobbiamo amministrare il bene pubblico – e dell’europarlamentare Salini: “Il diritto europeo prevede che si affidino questi servizi alla gestione diretta. Il fatto che sia fruttuosa dipende da come la utilizzi, così come per la finanza di progetto. La gestione in house permette al pubblico di assumersi la responsabilità di governare un progetto che è politico, senza delegarlo a terzi”.
“Quindi, perché correre? Dal 31 dicembre 2024 in poi c’è tutto il tempo per optare per la soluzione migliore per il bene comune e non di una sola parte”, conclude Lapetina.
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