La commissione economica (Econ) del Parlamento Ue ha votato ieri a favore della proposta del relatore austriaco Othmar Karas sulla garanzia comune dei depositi (Edis). Il meccanismo definito riguarda solo la liquidità utilizzabile nelle crisi bancarie e non la copertura delle perdite. Il testo tuttavia non approderà nella prossima plenaria, l’ultima prima della fine della legislatura europea. Di conseguenza la materia sarà affrontata dal prossimo Parlamento.
Ci sarà così tempo per migliorare una proposta che ha sollevato dubbi in Italia e Germania, soprattutto in tema di titoli di Stato e finanziamento del Dif (Deposit Insurance Fund). Peraltro l’intesa finale dovrà essere trovata anche con il Consiglio Ue: un altro passo difficile considerando le divisioni dei governi sul tema.
Il voto sulla gestione delle crisi (Cmdi)
La settimana prossima invece andrà in votazione il pacchetto sulla gestione delle crisi bancarie (Cmdi). Alcuni Paesi e alcune forze politiche hanno provato a modificare le regole proposte dalla Commissione Ue che erano un progresso rispetto alla precedente normativa. Ma il tentativo è stato respinto.
Così nel testo non ci saranno requisiti più alti (noti come Mrel) per le piccole banche che vanno in liquidazione in caso di crisi. L’allargamento delle risoluzioni ai gruppi medi, attraverso il principio del «pubblico interesse», sarà contenuto. Sarà permesso l’uso dei fondi di tutela dei depositi (come il Fitd, che in passato è stato bloccato) negli interventi preventivi delle banche in difficoltà: in tal senso è stata consentita una certa flessibilità e saranno considerati anche i costi indiretti dei dissesti.
È stato poi previsto un meccanismo a due fasce (two-tiered) che dà maggiore protezione ai depositi di individui e pmi. Anche sulla Cmdi servirà comunque l’ok dei governi Ue dopo quello del Parlamento.
I punti di attenzione sull’Edis
Tornando alla garanzia sui depositi, l’Abi prima del voto della commissione Econ aveva inviato una lettera alla presidente Irene Tinagli, chiedendo di intervenire in prima battuta sul pacchetto Cmdi e soltanto dopo sulla garanzia comune dei depositi.
Un punto di attenzione nella proposta Edis riguarda i titoli di Stato che sono tra i fattori che dovranno essere considerati dalla Commissione Ue per definire i contributi delle banche al Dif. Neppure le banche tedesche sono soddisfatte, data la quantità di Bund detenuta dagli istituti non solo in Germania.
La materia potrebbe avere riflessi per il finanziamento degli Stati. L’Abi ha inviato la lettera per conoscenza anche alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta.
Inoltre il testo parlamentare dell’Edis prevede che il 50% del Dif sia finanziato attraverso trasferimenti dai fondi di tutela nazionali (Dgs) come il Fitd che così resterebbero privi della metà dei contributi delle banche. È vero che in caso di crisi si può ricorrere al Dif, ma il fondo europeo segue procedure diverse (tra cui, per esempio, il via libera del Single Resolution Board). Inoltre può offrire solo liquidità, non copertura delle perdite.
Le risorse dei Dgs nazionali servirebbero anche negli interventi preventivi delle crisi secondo quanto definito nella Cmdi, anche come «ponte» ai fini del bail-in dell’8% del passivo. Perciò le norme dell’Edis ridurrebbero la potenza di fuoco dei fondi nazionali, senza un quadro coerente con le norme del pacchetto Cmdi.
Queste proposte comunque potrebbero restare solo sulla carta. Il testo non andrà in plenaria a causa dei tempi stretti e delle divisioni politiche. La proposta della Commissione Ue sull’Edis risale al 2015: l’assenza di una garanzia comune dei depositi resta una vulnerabilità del settore bancario europeo. Ma il rinvio alla prossima legislatura potrà essere l’occasione per migliorare la normativa. (riproduzione riservata)
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