È nel cuore del centro di difesa, a Tel Aviv, che il gabinetto di guerra allargato si è riunito per capire quale possa essere la risposta adeguata al più massiccio attacco aereo contro Israele nella sua storia, portato avanti, come promesso da anni, dall’arcinemico, l’Iran e respinto con successo grazie alla cooperazione dell’alleato di sempre, gli Stati Uniti. Una dichiarazione di guerra per il presidente israeliano, Isaac Herzog.
Non basta la batosta militare inflitta agli iraniani per archiviare la pagina aperta il primo aprile con l’eliminazione a Damasco del generale Mohammad Reza Zahedi, testa di ponte tra Teheran gli Hezbollah e la Siria: è questo quello che pensa Bibi e parte del suo governo, con le punte più scalmanate del ministro delle finanze Bezalel Smotrich che parla di una risposta che echeggerà in tutto il Medio Oriente per le generazioni a venire e il ministro della sicurezza, Itamar Ben Gvir, che invoca un contrattacco devastante. Risposta ci sarà, ma non sarà immediata, nonostante divergenze emerse già nella nottata tra i membri del gabinetto di guerra ristretto.
Risposta ci sarà ma non è detto che sarà con i caccia di Tel Aviv sopra i cieli di Teheran e soprattutto dovrà essere concordata con gli alleati, in prima fila il presidente americano Joe Biden che questa notte, dopo aver seguito tutti gli sviluppi dalla situation room della Casa Bianca, ha impegnato 25 minuti per complimentarsi, come da comunicato, con lo Stato di Israele, sottolineando il contributo Usa che ha aiutato abbattendo 70 droni e tre missili cruise. C’è stato spazio per dire a Netanyahu, fanno filtrare da Washington, che quella pagina di guerra si chiudeva con quel successo e la Casa Bianca non avrebbe seguito alcun contrattacco israeliano reso per così dire ingiustificabile dato che i 300 tra droni missili cruise e balistici non hanno provocato alcun danno a Israele, anzi hanno dimostrato la sua potenza difensiva dopo il disastro del 7 ottobre.
La linea di misurare la potenza dell’alleanza regionale prevale nelle dichiarazioni del capo di stato maggiore Hertzi Halevi, che ringrazia Michael Kurilla, capo del Comando centrale Usa, viene sottolineata dal ministro della difesa Yoav Gallant che ha visitato la base del sistema antimissile Arrow e anche Benny Gantz, spina nel fianco del premier nel gabinetto di guerra, dichiara: Costruiremo una coalizione regionale contro la minaccia dell’Iran ed esigeremo un prezzo nel modo e nel momento che ci conviene.
Scuole chiuse ancora fino a domani sera, ma in tutta Israele, dopo la notte degli allarmi e delle mille luci nel cielo, è stata una giornata apparentemente tranquilla, la 191ª della guerra, accesa dal bombardamento di postazioni Hezbollah nel sud del Libano, archiviando l’ennesimo rifiuto di Hamas per un accordo sul cessate il fuoco in cambio della liberazione degli ostaggi.
Questa mattina un consigliere di Bibi Netanyahu è stato accolto così all’ingresso del centro di difesa da una donna ex ostaggio e dalla madre di un rapito: “Se aveste fatto di tutto per restituire gli ostaggi, mio figlio sarebbe già a casa. Dal 7 ottobre ci avete mentito, il sistema di protezione dello stato di ieri sera non è certo scattato quella mattina”.
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