diMargherita De Bac
Il presidente dell’ISS Bellantone: «No alle contese politiche, se mi avessero chiesto di sottoscrivere l’appello mi sarei sottratto»
«Se mi avessero chiesto di sottoscrivere l’appello mi sarei sottratto, anche se non fossi qui», si dissocia perentorio Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto superiore di sanità, dall’iniziativa di 14 colleghi tra clinici, fisici e ricercatori, firmatari dell’appello intitolato «Non possiamo fare a meno della sanità pubblica». Un documento che contiene aspre critiche al Sistema sanitario nazionale, e chiede stanziamenti più sostanziosi, equità nell’accesso alle cure oltre alla riorganizzazione dei servizi territoriali.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci, non replica e lascia il campo alla premier Giorgia Meloni, ospite ieri sera di Bruno Vespa. La risposta implicita, è il suo ragionamento, sono le azioni intraprese. Fondo per la sanità cresciuto fino a 134 miliardi, soldi in più per gli extra turni di medici e infermieri, interventi allo studio sulle liste di attesa. La «riparazione» è fatta di tanti tasselli.
Chirurgo endocrinologo, ex preside di facoltà alla Cattolica, Bellantone è stato nominato a settembre 2023 a capo del prestigioso istituto di sanità pubblica. Sembra irritato: «Di nuovo si commette l’errore di fare proclami su un problema complesso, che non può essere banalizzato. Possiamo ancora permetterci di dare cure gratis a 60 milioni di italiani senza attese, ritardi e disomogeneità tra Regioni? Questa la domanda di fondo».
Gli errori denunciati dai 14 scienziati vengono da lontano invece, sostiene Bellantone, l’appello trasmette nel lettore «la netta sensazione che la condizione della nostra sanità sia frutto di interventi e tagli recenti. La rottura è avvenuta prima e non si aggiusta solo con i soldi». L’esempio è la carenza di medici. Servono 10-11 anni per formare uno specialista ma dal 1999 «l’ingresso al corso di laurea in Medicina è stato ristretto e successivamente ridotto il numero di borse di studio. Oggi ci ritroviamo a corto non soltanto di medici. Soprattutto gli infermieri andrebbero pagati meglio e responsabilizzati con nuove mansioni».
Secondo Bellantone la crisi non dipende esclusivamente dalla questione del finanziamento visto che ai rinnovi contrattuali del personale sono stati destinati oltre 2 miliardi. Serve un patto: «La sanità non è di destra o di sinistra, è bipartisan. La politica dovrebbe considerarla al di fuori delle parti e concordare un piano almeno quinquennale, se non decennale, da non modificare ad ogni cambio di governo in modo da poter contare su una programmazione certa».
La Finanziaria 2024-26 per l’anno in corso ha previsto un aumento di 3 miliardi di euro che sommati ai 2,3 deliberati nel 2023 fanno 5,3. Il budget complessivo è di 134 miliardi. La spesa sanitaria è scivolata al 6,2 per cento del Pil come previsione al 2025, sotto la media europea. Unità di misura considerata fallace dagli economisti perché risente dell’andamento congiunturale del Pil. La disparità tra le Regioni è però innegabile. Il presidente dell’Iss prende ad esempio il tumore alla mammella: «Ci sono zone dove le iniquità segnalate sono reali. La mortalità è diminuita del 20% al Nord negli ultimi 5 anni, in alcune Regioni del Sud è cresciuta del 20%. Altra eredità che non si liquida con la bacchetta magica».
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